venerdì 28 febbraio 2020

Cessione terreno edificabile, come funziona la tassazione della plusvalenza

I chiarimenti della Corte di cassazione con l’ordinanza n. 1242 
Con l’ordinanza n. 1242, la Cassazione è intervenuta in tema di tassazione della plusvalenza da cessione di terreno edificabile. Ecco quanto stabilito.
In particolare, come evidenziato da Fisco Oggi, la Corte di cassazione ha affermato che la plusvalenza da cessione di terreno edificabile deve essere tassata con riferimento al contratto definitivo. Questo perché non si può attribuire al pagamento già effettuato da parte dell’acquirente un effetto anticipatorio del preliminare rispetto al definitivo. Solo il contratto definitivo può infatti operare giuridicamente la cessione del bene, su cui calcolare la plusvalenza.
Nello specifico, la Cassazione ha affermato che la cessione “si perfeziona con l’atto notarile trascritto e sul presupposto della cessione sorge l’obbligazione tributaria di corrispondere la plusvalenza da cessione maturata, secondo un criterio di cassa, per cui le somme vanno tassate nel momento in cui sono corrisposte”.
Come specificato da Fisco Oggi che ha esaminato la vicenda, i giudici di legittimità hanno dovuto individuare “quale sia il fatto generatore della plusvalenza generata a seguito di cessione di terreni edificabili ex articolo 67 Tuir e cioè se, i fini della tassazione, doveva farsi riferimento al preliminare ovvero al contratto definitivo”. La Cassazione ha sottolineato che “ai fini della tassazione della plusvalenza, l’obbligazione tributaria sorge con la cessione, cioè con il trasferimento della proprietà del bene immobile e che tale effetto traslativo può ritenersi prodotto solo con l’atto notarile trascritto”.

Fonte : " Idealista" 
Agenzia Immobiliare Farini 
059454277 

giovedì 27 febbraio 2020

Detrazioni fiscali per le locazioni a studenti universitari

 
Gtres

Le locazioni di immobili a studenti rientrano in una categoria “tipizzata” e sono espressamente disciplinate dal DM 16/01/2017, che sostituisce il precedente DM del 30/12/2002.

La locazione di immobili a studenti universitari rappresenta una “opportunità” sia per i proprietari di immobili ad uso residenziale, sia per gli studenti, che hanno un approccio tipicamente “pratico” al mercato delle locazioni: consultano la rete e valutano le offerte più convenienti.

I contratti di locazione per studenti possono essere stipulati nei Comuni sede di università, di corsi universitari distaccati e di specializzazione e comunque di istituti di istruzione superiore, nonché nei Comuni limitrofi e, qualora il conduttore sia iscritto ad un corso di laurea o di formazione post laurea (quali master, dottorati, specializzazioni o perfezionamenti), in un Comune diverso da quello di residenza.

La legge non fa distinzione tra lo studente in corso e quello fuori corso. Si precisa, inoltre, che tali contratti possono essere sottoscritti da uno o da più studenti o dalle aziende per il diritto allo studio e devono rispettare i criteri di forma riportati nel fac-simile allegato al decreto ministeriale.

Anche questa tipologia di contratto deve rispettare alcuni elementi essenziali, riguardanti, in particolare, l’importo dei canoni, la durata, il rinnovo automatico, la facoltà di recesso del conduttore, il divieto di sublocazione e l’importo del deposito cauzionale.

La misura dei canoni di locazione è definita in appositi accordi locali, sulla base dei valori relativi a specifiche aree omogenee o a eventuali zone particolari. Detti accordi possono, peraltro, individuare variazioni in aumento o in diminuzione dei valori dei canoni, in relazione alla durata contrattuale. 

La durata dei contratti di locazione per studenti può variare da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni; la durata è rinnovabile alla prima scadenza, salvo disdetta del conduttore, da comunicarsi almeno un mese e non oltre tre mesi prima del termine. Non è prevista analoga facoltà per la parte locatrice e pertanto la durata della locazione sembrerebbe dipendere in via esclusiva dalla volontà dello studente. Resta salva tuttavia la facoltà del locatore di provare che le esigenze di studio del conduttore non sussistano più.

In caso di pluralità di conduttori, nel caso cioè che il contratto sia intestato a più studenti, è consentito il recesso parziale. Pertanto, qualora uno o più studenti decidano di esercitare il diritto di recesso, la locazione prosegue nei confronti degli studenti-conduttori rimanenti. È da escludere che essi possano unilateralmente decidere di sostituire il conduttore receduto con altro studente senza il consenso del locatore. Inoltre, in presenza di un contratto unico intestato a più studenti, deve ritenersi che il recesso di uno di essi costringe gli altri locatari a sopportare un canone pro quota proporzionalmente superiore a quello originariamente pattuito: il che può integrare gli estremi del grave motivo legittimante il recesso dal contratto da parte di tutti.

È vietata la sublocazione, che si verifica qualora l’immobile venga occupato da persona che non sia ospite del conduttore e né a lui legato da vincoli di parentela. Inoltre, è previsto che l’importo del deposito cauzionale non superi le tre mensilità del canone.

Il mancato rispetto dei requisiti previsti dalla legge, implica la nullità della clausola che stabilisce la durata, ma non di quella con la quale viene liberamente quantificato il canone, sempre che questo sia stato validamente pattuito dalle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale.

Sotto il profilo fiscale, sussistono agevolazioni, previste dalla legge, che si rivolgono sia al locatore, sia al conduttore studente. Più nello specifico, la Legge di Bilancio 2020 ha confermato le agevolazioni già in vigore, ovvero:

  • in caso di locazione a canone concordato, per il locatore il reddito imponibile determinato ai sensi dell’art. 37 del TUIR è ulteriormente ridotto del 30%;

  • in caso di opzione per la “cedolare secca”, la tassazione del reddito da locazione avviene con un’aliquota del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali. Tale opzione comporta inoltre l’esenzione dall’obbligo di versamento delle imposte di bollo e di registro.

L’opzione per la cedolare secca può essere esercitata anche dal proprietario nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro. Condizione essenziale per beneficiare dell’agevolazione è che gli immobili siano sublocati a studenti universitari e dati a disposizione dei Comuni, con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

Con riferimento al conduttore, è prevista una detrazione IRPEF relativa alle spese sostenute dagli studenti universitari fuori sede per canoni di locazione. Una volta rispettati i requisiti richiesti dalla legge, spetta una detrazione (anche se le spese sono state sostenute per i familiari fiscalmente a carico) pari al 19% del canone pagato, con un massimale di € 2.633 all’anno. Si evidenzia che, come previsto dalla Legge di Bilancio 2020, a partire dal 1 gennaio 2020, per poter beneficiare delle detrazioni fiscali del 19% per canoni di locazione per studenti, sarà necessario che i pagamenti vengano eseguiti con modalità tracciabili, ovvero assegni, bonifici bancari, carte bancomat o carte di credito.

 Fonte : " Idealista"

Agenzia immobiliare Farini 

059454227

martedì 25 febbraio 2020

Accertamento Agenzia Entrate per vendita 
immobile 

Accertamento vendita immobile 
Quali sono i controlli che l’Agenzia delle Entrate può effettuare sulle compravendite immobiliari? E come è possibile difendersi?

Hai venduto un immobile oppure hai intenzione di farlo? Sai che questa operazione potrebbe finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate? L’Ufficio potrebbe, per esempio, indagare sul prezzo indicato nell’atto di vendita se ritenuto non congruo al valore di mercato dell’immobile. Se l’operazione sarà ritenuta antieconomica, infatti, rischierai che ti venga notificato un avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione Finanziaria presumerà un giusto prezzo dell’immobile che hai venduto chiedendoti, così, il pagamento dell’imposta di registro proporzionale calcolata sulla differenza tra il prezzo determinato in sede di accertamento e quello indicato nell’atto di vendita. L’Agenzia delle Entrate, poi, ci aggiungerà sanzioni ed interessi.
Oppure, se hai venduto un immobile che hai comprato o ricevuto in donazione nei cinque anni precedenti, e che non hai adibito ad abitazione principale, l’Agenzia delle Entrate potrebbe accertare l’esistenza di eventuali guadagni che non hai provveduto a tassare. In tal caso, con l’avviso di accertamento che ti potrebbe essere notificato, ti sarà richiesto il pagamento dell’Irpef sulla differenza tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto oltre, ovviamente, alle sanzioni ed agli interessi.
Ma procediamo con ordine ed esaminiamo nel dettaglio le varie tipologie di accertamento che Agenzia Entrate può effettuare sulla vendita di un immobile, i termini entro cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare tali controlli e quando è possibile difendersi da tali accertamenti, e come farlo.
Indice
Accertamento di rettifica del prezzo
Sai che l’Agenzia delle Entrate può rettificare il prezzo dell’immobile che hai indicato nell’atto di vendita? Alla base di tale tipologia di accertamento c’è, solitamente, uno scostamento del prezzo indicato nell’atto di vendita dai cosiddetti valori OMI. Essi costituiscono delle quotazioni immobiliari fornite dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare e sono un utile strumento per gli operatori del settore immobiliare, per i privati ma anche per le pubbliche amministrazioni.
Si tratta, comunque, di un elemento che ha carattere indiziario e che, perciò, da solo, non può essere sufficiente per mettere in discussione quanto è stato dichiarato dal venditore e dall’acquirente in un atto pubblico.
L’Agenzia delle Entrate, perciò, avrà bisogno di altri elementi che possano supportare un controllo relativo al prezzo della vendita di un immobile. Potrebbe, ad esempio, utilizzare delle risultanze di una indagine bancaria da cui emergano eventuali incassi o pagamenti non dichiarati. Oppure potrebbe utilizzare una scrittura o un foglio con annotazioni, fatte dalle parti, che indichino un diverso prezzo rispetto a quello dichiarato.
Un altro strumento che potrà utilizzare l’Agenzia delle Entrate per verificare se il prezzo che hai indicato nell’atto di vendita è congruo sarà la comparazione con i prezzi di altri immobili che si trovano, per esempio, nello stesso quartiere dell’immobile oggetto della vendita e che hanno magari, apparentemente, le stesse caratteristiche dell’appartamento che hai venduto. Accade anche che, per esempio, l’Agenzia delle Entrate utilizzi come termine di paragone i prezzi indicati dalle agenzie immobiliari.
L’avviso di accertamento
Cosa succederà, quindi, se l’Agenzia delle Entrate riterrà il valore dell’immobile che hai venduto superiore a quello che hai dichiarato? Quasi certamente ti notificherà, per posta oppure tramite ufficiale giudiziario, un avviso di accertamento. Con questo atto, che sarà notificato anche all’acquirente in quanto solidalmente responsabile, l’ufficio oltre a richiederti il pagamento delle imposte sulla differenza di valore accertata, provvederà ad applicarti delle sanzioni. La legge, in proposito, prevede una sanzione che va dal 100% al 200% della maggiore imposta accertata [1].
Come difendersi da un accertamento di valore
Se hai ricevuto un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha rettificato il valore di un immobile che hai venduto ed esso si fonda esclusivamente su elementi di carattere indiziario come, per esempio, lo scostamento dai valori OMI oppure la comparazione con appartamenti similari, potrai comunque presentare, entro 60 (sessanta) giorni dalla notifica, ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente. Dovrai dimostrare, però, che il prezzo che tu e l’acquirente avete indicato nell’atto di vendita corrisponde all’effettivo valore dell’immobile. Lo potrai fare, per esempio, con l’ausilio di una perizia redatta da un tuo tecnico di fiducia. Potrai dimostrare che l’immobile al momento della vendita era in pessime condizioni documentando, per esempio, che esso era privo di impianto elettrico a norma, oppure privo di un impianto idrico o fognario.
Potrai dimostrare, con l’ausilio del perito, che l’immobile, al momento della cessione, per esempio, doveva essere in gran parte ristrutturato e che, magari, i lavori di ristrutturazione sono stati effettuati subito dopo la vendita.
Sarà poi la Commissione Tributaria ad avere l’ultima parola ed a decidere con sentenza se, con le prove prodotte in giudizio, sei riuscito a dimostrare che il prezzo indicato nell’avviso di accertamento, e determinato presuntivamente, non corrisponde al valore venale in comune commercio, come previsto dalla Legge.
Criterio del prezzo/valore
Esiste però un modo per evitare i controlli dell’Agenzia delle Entrate sul prezzo dell’immobile che hai venduto e che hai dichiarato nell’atto di vendita. Potrai evitare di ricevere un avviso di accertamento in rettifica del prezzo utilizzando, al momento della vendita, il criterio del prezzo-valore [2]. Tale metodo consente di tassare la vendita degli immobili a prescindere dal corrispettivo dichiarato. In tal caso dovrai comunque indicare nell’atto il prezzo della vendita ma la tassazione si baserà sul valore catastale dell’immobile e si calcolerà moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per 120.
Facciamo un esempio.
Ipotizziamo di vendere un appartamento al prezzo di 120.000 euro e che tale appartamento abbia una rendita catastale di 700 euro. Applicando il metodo del prezzo-valore e moltiplicando quindi 700 x 1,05 x 120 avremo una base imponibile di 88.200 ed un’imposta di registro da versare di 7.938,00 euro (il 9% di 88.200). Non applicando, invece, il criterio del prezzo – valore l’imposta di registro da pagare sarà pari ad € 10.800 (il 9% di 120.000).

Questo metodo del prezzo-valore, decisamente più conveniente, può essere utilizzato solo per le compravendite tra privati e solo se l’acquirente lo avrà espressamente richiesto al notaio al momento della stipula dell’atto di vendita. Il suo utilizzo, previsto dalla legge, consentirà all’acquirente ed al venditore di non essere sottoposto ad accertamenti in rettifica del prezzo dell’immobile venduto/acquistato da parte dell’Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale e darà diritto, in sede di stipula, ad una riduzione del 30% delle spese notarili.
Accertamento della plusvalenza da cessione di immobile
Se hai deciso di vendere un immobile che hai acquistato negli ultimi cinque anni e che non hai utilizzato come prima abitazione la legge prevede che sia tassato il guadagno derivante dalla vendita [3].
Il guadagno che la legge ritiene, in tal caso, frutto di un’operazione prettamente speculativa, è la differenza tra il prezzo incassato con la vendita di un immobile ed il prezzo pagato per il suo acquisto. Tale principio si applicherà anche se l’immobile che hai deciso di vendere ti è stato donato. In tal caso, però, i cinque anni inizieranno a decorrere da quando l’immobile è stato acquistato da colui che ha fatto la donazione.
La tassazione della plusvalenza
Se sussistono le condizioni elencate nel paragrafo precedente, ed hai guadagnato dopo aver venduto un immobile (plusvalenza) potrai scegliere di pagare un’imposta sostitutiva con aliquota secca al 20%. Potrai usufruire di tale regime fiscale vantaggioso richiedendolo espressamente al notaio al momento della stipula dell’atto. Scegliendo questa opzione, potrai pagare l’imposta direttamente al notaio che, svolgendo le funzioni di sostituto d’imposta, verserà, per tuo conto, all’Erario. Con il pagamento dell’imposta sostitutiva con aliquota secca del 20%, decisamente più conveniente, la vendita dell’immobile non potrà essere oggetto di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nel caso in cui, invece, non si scegliesse, al momento della stipula dell’atto, di pagare l’imposta sostitutiva con aliquota secca al 20%, la plusvalenza sarà inserita nella dichiarazione dei redditi e tassata secondo le aliquote previste per i vari scaglioni Irpef e quindi a partire dallo scaglione più basso del 23%.
Termini per l’accertamento sulla plusvalenza immobiliare
Se non hai scelto di pagare l’imposta sostitutiva e non hai inserito la plusvalenza nella tua dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate potrà richiederti il pagamento dell’imposta non pagata applicandoti, però, le sanzioni previste dalla legge.
L’avviso di accertamento potrà esserti notificato dall’Agenzia delle Entrate entro, e non oltre, il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione in caso di corretta presentazione della stessa. Il termine sarà, invece, del 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione nel caso di omessa dichiarazione.
Riepilogando, nel caso in cui dopo aver ceduto un immobile, acquistato nei precedenti cinque anni, non provvedessi a sottoporre a tassazione il guadagno (o con l’imposta sostitutiva al 20% oppure in dichiarazione secondo le aliquote Irpef) tale operazione, considerata speculativa, potrà essere oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei termini suindicati.
note
[1] Art. 71 D.P.R. n. 131 del 1986.
[2] L. n. 266 del 2005.
[3] Art. 67 T.U.I.R.
Fonte : “ La Legge per tutti “
Agenzia Immobiliare Farini
059454227

giovedì 20 febbraio 2020

Accertamento Agenzia Entrate per vendita 
immobile 

Accertamento vendita immobile 
Quali sono i controlli che l’Agenzia delle Entrate può effettuare sulle compravendite immobiliari? E come è possibile difendersi?

Hai venduto un immobile oppure hai intenzione di farlo? Sai che questa operazione potrebbe finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate? L’Ufficio potrebbe, per esempio, indagare sul prezzo indicato nell’atto di vendita se ritenuto non congruo al valore di mercato dell’immobile. Se l’operazione sarà ritenuta antieconomica, infatti, rischierai che ti venga notificato un avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione Finanziaria presumerà un giusto prezzo dell’immobile che hai venduto chiedendoti, così, il pagamento dell’imposta di registro proporzionale calcolata sulla differenza tra il prezzo determinato in sede di accertamento e quello indicato nell’atto di vendita. L’Agenzia delle Entrate, poi, ci aggiungerà sanzioni ed interessi.
Oppure, se hai venduto un immobile che hai comprato o ricevuto in donazione nei cinque anni precedenti, e che non hai adibito ad abitazione principale, l’Agenzia delle Entrate potrebbe accertare l’esistenza di eventuali guadagni che non hai provveduto a tassare. In tal caso, con l’avviso di accertamento che ti potrebbe essere notificato, ti sarà richiesto il pagamento dell’Irpef sulla differenza tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto oltre, ovviamente, alle sanzioni ed agli interessi.
Ma procediamo con ordine ed esaminiamo nel dettaglio le varie tipologie di accertamento che Agenzia Entrate può effettuare sulla vendita di un immobile, i termini entro cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare tali controlli e quando è possibile difendersi da tali accertamenti, e come farlo.
Indice
Accertamento di rettifica del prezzo
Sai che l’Agenzia delle Entrate può rettificare il prezzo dell’immobile che hai indicato nell’atto di vendita? Alla base di tale tipologia di accertamento c’è, solitamente, uno scostamento del prezzo indicato nell’atto di vendita dai cosiddetti valori OMI. Essi costituiscono delle quotazioni immobiliari fornite dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare e sono un utile strumento per gli operatori del settore immobiliare, per i privati ma anche per le pubbliche amministrazioni.
Si tratta, comunque, di un elemento che ha carattere indiziario e che, perciò, da solo, non può essere sufficiente per mettere in discussione quanto è stato dichiarato dal venditore e dall’acquirente in un atto pubblico.
L’Agenzia delle Entrate, perciò, avrà bisogno di altri elementi che possano supportare un controllo relativo al prezzo della vendita di un immobile. Potrebbe, ad esempio, utilizzare delle risultanze di una indagine bancaria da cui emergano eventuali incassi o pagamenti non dichiarati. Oppure potrebbe utilizzare una scrittura o un foglio con annotazioni, fatte dalle parti, che indichino un diverso prezzo rispetto a quello dichiarato.
Un altro strumento che potrà utilizzare l’Agenzia delle Entrate per verificare se il prezzo che hai indicato nell’atto di vendita è congruo sarà la comparazione con i prezzi di altri immobili che si trovano, per esempio, nello stesso quartiere dell’immobile oggetto della vendita e che hanno magari, apparentemente, le stesse caratteristiche dell’appartamento che hai venduto. Accade anche che, per esempio, l’Agenzia delle Entrate utilizzi come termine di paragone i prezzi indicati dalle agenzie immobiliari.
L’avviso di accertamento
Cosa succederà, quindi, se l’Agenzia delle Entrate riterrà il valore dell’immobile che hai venduto superiore a quello che hai dichiarato? Quasi certamente ti notificherà, per posta oppure tramite ufficiale giudiziario, un avviso di accertamento. Con questo atto, che sarà notificato anche all’acquirente in quanto solidalmente responsabile, l’ufficio oltre a richiederti il pagamento delle imposte sulla differenza di valore accertata, provvederà ad applicarti delle sanzioni. La legge, in proposito, prevede una sanzione che va dal 100% al 200% della maggiore imposta accertata [1].
Come difendersi da un accertamento di valore
Se hai ricevuto un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha rettificato il valore di un immobile che hai venduto ed esso si fonda esclusivamente su elementi di carattere indiziario come, per esempio, lo scostamento dai valori OMI oppure la comparazione con appartamenti similari, potrai comunque presentare, entro 60 (sessanta) giorni dalla notifica, ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente. Dovrai dimostrare, però, che il prezzo che tu e l’acquirente avete indicato nell’atto di vendita corrisponde all’effettivo valore dell’immobile. Lo potrai fare, per esempio, con l’ausilio di una perizia redatta da un tuo tecnico di fiducia. Potrai dimostrare che l’immobile al momento della vendita era in pessime condizioni documentando, per esempio, che esso era privo di impianto elettrico a norma, oppure privo di un impianto idrico o fognario.
Potrai dimostrare, con l’ausilio del perito, che l’immobile, al momento della cessione, per esempio, doveva essere in gran parte ristrutturato e che, magari, i lavori di ristrutturazione sono stati effettuati subito dopo la vendita.
Sarà poi la Commissione Tributaria ad avere l’ultima parola ed a decidere con sentenza se, con le prove prodotte in giudizio, sei riuscito a dimostrare che il prezzo indicato nell’avviso di accertamento, e determinato presuntivamente, non corrisponde al valore venale in comune commercio, come previsto dalla Legge.
Criterio del prezzo/valore
Esiste però un modo per evitare i controlli dell’Agenzia delle Entrate sul prezzo dell’immobile che hai venduto e che hai dichiarato nell’atto di vendita. Potrai evitare di ricevere un avviso di accertamento in rettifica del prezzo utilizzando, al momento della vendita, il criterio del prezzo-valore [2]. Tale metodo consente di tassare la vendita degli immobili a prescindere dal corrispettivo dichiarato. In tal caso dovrai comunque indicare nell’atto il prezzo della vendita ma la tassazione si baserà sul valore catastale dell’immobile e si calcolerà moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per 120.
Facciamo un esempio.
Ipotizziamo di vendere un appartamento al prezzo di 120.000 euro e che tale appartamento abbia una rendita catastale di 700 euro. Applicando il metodo del prezzo-valore e moltiplicando quindi 700 x 1,05 x 120 avremo una base imponibile di 88.200 ed un’imposta di registro da versare di 7.938,00 euro (il 9% di 88.200). Non applicando, invece, il criterio del prezzo – valore l’imposta di registro da pagare sarà pari ad € 10.800 (il 9% di 120.000).

Questo metodo del prezzo-valore, decisamente più conveniente, può essere utilizzato solo per le compravendite tra privati e solo se l’acquirente lo avrà espressamente richiesto al notaio al momento della stipula dell’atto di vendita. Il suo utilizzo, previsto dalla legge, consentirà all’acquirente ed al venditore di non essere sottoposto ad accertamenti in rettifica del prezzo dell’immobile venduto/acquistato da parte dell’Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale e darà diritto, in sede di stipula, ad una riduzione del 30% delle spese notarili.
Accertamento della plusvalenza da cessione di immobile
Se hai deciso di vendere un immobile che hai acquistato negli ultimi cinque anni e che non hai utilizzato come prima abitazione la legge prevede che sia tassato il guadagno derivante dalla vendita [3].
Il guadagno che la legge ritiene, in tal caso, frutto di un’operazione prettamente speculativa, è la differenza tra il prezzo incassato con la vendita di un immobile ed il prezzo pagato per il suo acquisto. Tale principio si applicherà anche se l’immobile che hai deciso di vendere ti è stato donato. In tal caso, però, i cinque anni inizieranno a decorrere da quando l’immobile è stato acquistato da colui che ha fatto la donazione.
La tassazione della plusvalenza
Se sussistono le condizioni elencate nel paragrafo precedente, ed hai guadagnato dopo aver venduto un immobile (plusvalenza) potrai scegliere di pagare un’imposta sostitutiva con aliquota secca al 20%. Potrai usufruire di tale regime fiscale vantaggioso richiedendolo espressamente al notaio al momento della stipula dell’atto. Scegliendo questa opzione, potrai pagare l’imposta direttamente al notaio che, svolgendo le funzioni di sostituto d’imposta, verserà, per tuo conto, all’Erario. Con il pagamento dell’imposta sostitutiva con aliquota secca del 20%, decisamente più conveniente, la vendita dell’immobile non potrà essere oggetto di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nel caso in cui, invece, non si scegliesse, al momento della stipula dell’atto, di pagare l’imposta sostitutiva con aliquota secca al 20%, la plusvalenza sarà inserita nella dichiarazione dei redditi e tassata secondo le aliquote previste per i vari scaglioni Irpef e quindi a partire dallo scaglione più basso del 23%.
Termini per l’accertamento sulla plusvalenza immobiliare
Se non hai scelto di pagare l’imposta sostitutiva e non hai inserito la plusvalenza nella tua dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate potrà richiederti il pagamento dell’imposta non pagata applicandoti, però, le sanzioni previste dalla legge.
L’avviso di accertamento potrà esserti notificato dall’Agenzia delle Entrate entro, e non oltre, il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione in caso di corretta presentazione della stessa. Il termine sarà, invece, del 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione nel caso di omessa dichiarazione.
Riepilogando, nel caso in cui dopo aver ceduto un immobile, acquistato nei precedenti cinque anni, non provvedessi a sottoporre a tassazione il guadagno (o con l’imposta sostitutiva al 20% oppure in dichiarazione secondo le aliquote Irpef) tale operazione, considerata speculativa, potrà essere oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei termini suindicati.
note
[1] Art. 71 D.P.R. n. 131 del 1986.
[2] L. n. 266 del 2005.
[3] Art. 67 T.U.I.R.
Fonte : “ La Legge per tutti “
Agenzia Immobiliare Farini
059454227

mercoledì 19 febbraio 2020

Case all’asta, bloccate le vendite in corso

Case all’asta, bloccate le vendite in corso
Vietato il rilascio anticipato della casa: se è occupata dal debitore e dalla sua famiglia non potrà essere venduto all’asta. Ora il divieto si estende a tutti i procedimenti in corso.

Un emendamento approvato oggi al decreto Milleproroghe estende il blocco delle vendite di case all’asta giudiziaria a tutti i procedimenti pendenti e non solo a quelli avviati a partire da febbraio 2019, come prevedeva la precedente riforma [1].
Una decisione – secondo Confedilizia, che ha diramato un comunicato urgente diffuso dall’agenzia stampa Adnkronos -” gravida di conseguenze negative” e paradossalmente dannose per gli stessi debitori esecutati, cioè coloro che la norma vorrebbe favorire.
La Confedilizia ritiene infatti che “estendere alle espropriazioni in corso il principio – introdotto circa un anno fa – secondo cui il debitore non perde il possesso dell’immobile pignorato sino al decreto di trasferimento, costituisce un grave rischio per il mercato delle aste giudiziarie”.
E’ un dato di comune esperienza – prosegue l’associazione dei proprietari di casa – che un immobile occupato non sia particolarmente appetibile (richiedendo la sua liberazione diverso tempo) e venga, quindi, liquidato con maggior difficoltà. Il risultato è che con questa ulteriore modifica aumenteranno i tentativi di vendita e si ridurranno i prezzi di aggiudicazione, con minore soddisfazione non solo dei creditori, ma anche degli stessi debitori esecutati, cioè proprio dei soggetti che l’intervento di riforma si propone di favorire”.
Il decreto semplificazioni – ricorda Confedilizia – ha introdotto nel 2019 una norma di forte impatto sulle procedure esecutive. Il provvedimento, infatti, ha riscritto l’art. 560 del codice di procedura civile, stabilendo che il debitore e i familiari con lui conviventi non perdano il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento. Più in dettaglio, la norma prevede che, nelle espropriazioni immobiliari aventi inizio dal febbraio 2019, il giudice non possa ”mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia” di tale decreto allorché l’immobile di interesse sia ”abitato dal debitore e dai suoi familiari”.
Questo, salvo che ”sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti”, oppure ”l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare” o, ancora, il debitore violi ”gli altri obblighi che la legge pone a suo carico”.
In base a queste norme “è la liberazione anticipata dell’immobile che rappresenta una mera eventualità, condizionata al verificarsi di una delle ipotesi sopra indicate. La regola è l’occupazione del bene da parte del debitore e dei suoi familiari fino al decreto di trasferimento”, conclude Confedilizia.
note
[1] Art. 560, ultimo comma, Cod. proc. civ. introdotto dal D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni, in Legge. 11 febbraio 2019, n. 12,
Fonte : “La Legge per tutti “
Agenzia Immobiliare Farini
059454227

martedì 18 febbraio 2020

La cedolare secca scende al 10% nei Comuni 
calamitati 
 
Approvato un emendamento al Decreto Milleproroghe che riduce la tassazione sugli affitti nei territori colpiti da eventi di calamità naturali.

Una buona notizia per i Comuni colpiti da eventi calamitosi: è stato approvato un emendamento al decreto Milleproroghe, che estende l’applicazione della cedolare secca sugli affitti abitativi con l’aliquota agevolata al 10%. Lo apprendiamo in redazione dalla nostra agenzia stampa Adnkronos.
La misura è comunque limitata al solo anno in corso e non ha quindi natura stabile. Se non sarà confermata anche per gli anni successivi, dal 2021 tornerà in vigore la normale aliquota al 21%, ma già se ne prevede l’estensione. Intanto si applicherà ai Comuni nei quali è stato decretato lo stato di emergenza in quanto colpiti da calamità naturali come terremoti, alluvioni e inondazioni.
Giungono dichiarazioni di soddisfazione dagli esponenti delle categorie: “Una misura per l’approvazione della quale ci siamo tanto battuti, nella consapevolezza del suo grande portato sociale a beneficio dei cittadini – e sono ancora tanti – che necessitano di provvedimenti a sostegno dell’accesso all’abitazione. Aiutare concretamente le comunità ed i territori colpiti da sciagure naturali deve essere un imperativo. Almeno su questo la politica non si divida”, dichiara la presidente dell’Osservatorio Parlamentare sul Mercato Immobiliare e vice presidente del gruppo di Forza Italia della Camera, Catia Polidori.
Bene anche per il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: “L’estensione ai Comuni colpiti da calamità naturali della cedolare secca del 10% sugli affitti abitativi a canone concordato, sia pure con una limitazione per l’anno in corso, è una scelta di buon senso. Ne diamo atto alla maggioranza e al Governo e ringraziamo le forze di opposizione che si sono spese per ottenerla e che hanno consentito l’approvazione dell’emendamento al decreto Milleproroghe a prima firma on. Lollobrigida e degli altri di identico contenuto”.
Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia e primo firmatario dell’emendamento, commenta così all’Adnkronos il risultato raggiunto: “Esprimo grande soddisfazione per l’approvazione del mio emendamento che prevede fino al 2020 la riduzione al 10% della cedolare secca per i contratti di locazione nei Comuni fino a 10mila abitanti e in tutti quelli dove esiste una zona rossa. Inoltre, dal 2021 la stessa misura sarà applicabile in tutti i Comuni, anche quelli sopra i 10mila abitanti, oltre a quelli delle zone rosse. Si tratta di una importante misura economica in favore di quei cittadini delle zone colpite da calamità naturali che sono da sempre oggetto delle attenzioni di Fratelli d’Italia. Abbiamo provato a ottenere di più ma il Governo sulla riduzione delle imposte non ha purtroppo la giusta attenzione”.
Fonte : “ La Legge per tutti”
Agenzia Immobiliare Farini
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