giovedì 31 maggio 2018

Frenata del settore immobiliare
In calo occupazione e ricavi
Periodo d'oro per i ristoratori

Precipitano le attività nel settore immobiliare, così come il commercio al dettaglio ma, per i ristoratori questo è un periodo d'oro. La nostra città, infatti, può contare su nuove attività.
I dati arrivano dall'ufficio studi di Confcommercio Modena ma il quadro non è certo positivo: infatti il terziario chiude il primo trimestre del 2018 con il segno meno su tutti gli indicatori: dal numero di imprese, occupazione e volume di affari alle attività nel settore immobiliare corrisponde il dato più eclatante, con un preoccupante calo delle attività.
I dati arrivano dall'ufficio studi di Confcommercio Modena ma il quadro non è certo positiv: infatti il terziario chiude il primo trimestre del 2018, con il segno meno su tututti gli indicatori: dal numero di imprese, occupazione e volume di affari alle attività nel settore immobiliare, ce vivono decisamente un momento nero.
Infatti all'immobiliare corrisponde il dato più eclatante, con un preoccupante calo delle attività.
Dall'analisi effettuata sugli ultimi dati Infocamere e su un campione di circa 2.300 aziende associate, il numero totale delle imprese attive nel Terziario in provincia perde 62 unità nel confronto con l'analogo periodo del 2017 e passa csì da 16.255 a 16.913 unità, mentre, sul fronte occupazionale il calo è apri allo 0,7%. Venendo ai numeri dei più rilevanti settori oggetto di analisi, il commercio al dettaglio n sede fissa e d ambulante in provincia perde 25 unità e le imprese attive nel territorio modenese passano dunque da 6.544 del primo trimestre del 2017 alle attuali 6.519.
Buono come detto il trend rilevato nel comparto della ristorazione, che dunque può tirare un sospiro di sollievo dopo la chiusura in calo nel terzo trimestre del 2017: il numero delle imprese passa così da 3.601 di marzo del 2017 a 3.619 unità. Le 18 attività aggiuntive sono in gran parte attribuibili alla performance della città capoluogo, che rappresenta da sempre il termometro dello stato di salute del settore e dove il numero di attività è salito da 1.073 da 1.084 unità (+11).
Fa riflettere il tonfo dell'intermediazione immobiliare: la consistenza numerica degli operatori attivi passa infatti da 3.066 a 3.020 unità (-46). <<Valori, questi – commenta Massimo Gandolfi – su cui andrà fatto un approfondimento in vista dell'indagine che condurremo sul settore immobiliare, visto che i dati parziali sulle compravendite immobiliari raccolti nei primi tre mesi dell'anno erano improntati alla stabilità>>. Sul fronte occupazionale, si registra un calo dello 0,7%, relativamente al campione esaminato: circa 2300 imprese associate a cui viene erogato il servizio di tenuta paghe. Nello specifico, diminuiscono i dipendenti dell'1,3%, aumentano i soci collaboratori di una percentuale simile e sono sostanzialmente invariati i collaboratori occasionali ed i tirocinanti, che complessivamente rappresentano circa il 9% del totale degli addetti. 

Fonte: "il Resto del Carlino"
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mercoledì 30 maggio 2018

Si vendono sempre più case
Ma i prezzi restano al palo
Abi-Entrate: compravendite a quota 90 miliardi

Arrivano nuovi segnali di risvegli del mercato immobiliare anche se siamo ancora ben lontani, sia in termini di compravendite sia di prezzi, dai livelli pre-crisi. Comunque, proprio la costante discesa delle quotazioni degli immobili insieme ai tassi dei mutui ai minimi storici e la maggiore generosità delle banche nel concederli, sta spingendo gli acquisti delle case. Nel 2017, infatti, le compravendite sono aumentate del 4,9%, il quarto anno di espansione consecutiva, secondo l'Osservatorio del mercato immobiliare residenziale dell'Agenzia delle Entrate in collaborazione con l'Abi. Questo incremento, che segue il +18,6% del 2016, ha portato le transazioni complessive a quota 542,480 per un valore di 89,6 miliardi, 3,5 in più rispetto al 2016. La casa tipo ha una superficie di poco più di 105 metri quadri e un valore di 142 mila auro. Per giorni di stipendio, 18 giorni in mneo di quanto richiesto un anno prima, e oltre, otto mesi in meno rispetto al 2010.
Il calo dei prezzi, scesi ancora dello 0,4% lo scorso anno, fa sì che possono pensare all'acquisto anche le famiglie guidate da under 40, che spesso hanno redditi bassi.
L'Abi stime che il 52% delle famiglie giovani senza un'abitazione di proprietà possono ora accedere a un acquisto finanziario con il mutuo. Si tratta del livello massimo toccato dall'inizio dell'analisi, nel 2004, e pari a più del doppio rispetto a quello del 2012. L'allargamento dei possibili destinatari ha contrinuito all'aumento dei mutui erogati, che hanno raggiunto un valore di 32,7 miliardi nel 2017 (+9.1%) e hanno concorso all'acquisto di quasi metà delle abitazioni.
I tassi di interesse si sono attestati in media al 2,38% per una durata di quasi 23 anni, ma con differenze territoriali a svantaggio del Sud, dove raggiungono il 2,59%. Sul mercato un punto più bassi se fissi e addirittura sotto l'1% se variabili.

L'aumento delle compravendite ha riguardato un po' tutta Italia. Le città in maggiore espansione sono state Milano (+8,1%), Palermo (+7,9%), Firenze (+7,8%) e Napoli (+7,4%). A Roma la crescita è stata del 3%, mentre Bologna si è rilevata l'unica città in calo (-3,3%). Bene anche le pertinenze (+12,4%). box e posti auto (+3,8%) mentre le abitazioni locate sono in lieve diminuzione (-0,8%).
Per il 2018 il rapporto prevede il perdurare di una crescita moderata delle compravedite e prezzi stabili ma il direttore dell'Osservatorio, Gianni Guerrieri, mette in guardia dal fatto che <<l'incerteza che aleggia su questo Paese può portare a frenare gli investimenti immobiliari>>.
Molto più negativo il giudizio di Confedilizia. Per il presidente, Giorgio Spaziani Testa i dati diffusi da Agenzia delle entrate, Abi e Istat <<dimostrano che il mercato delle abitazioni in Italia è ancora in estrema difficoltà>>.
Le compravendite non hanno ancora raggiunto i livelli del 2011 e quanto ai prezzi <<la situazione è ancora più grave>>. L'Istat, infatti, secondo Spaziani Testa conferma che l'Italia è l'unico paese europeo in cui i prezzi delle case calano ininterrottamente dal 2012. Anno dal quale <<è stata quasi triplicata la tassazione patrimoniale sugli immobili, con tutte le ulteriori conseguenze negative dell'economia>>.

Fonte: "il Resto del Carlino"
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martedì 29 maggio 2018

Comprare casa in albergo: sì ai Condhotel
In Emilia Romagna chi ha stanze inutilizzate potrà venderle per reinvestire

A metà tra un albergo e un condominio. In Emilia Romagna arrivano i Condhotel: le strutture alberghiere che abbinano camere d'albergo a appartamenti da affirrare e vendere. Gli hotel, quindi, come avviene già in altri paesi europei, potranno deicidere di trasformare alcune stanze in piccoli appartamenti da mettere sul mercato. Una novità che potrebbe permettere agli hotel di fare concorrenza a operatori, come Airbnb, che guadagnano affittando gli appartamenti. L'idea di unificare camere e appartamenti nella stessa struttura arriva dall'estero. In Spagna e Stati Uniti i cosiddetti Condhotel sono già difusi da alcuni anni. In Italia,invece, l'approvazione effettiva di questa nuova tipologia di strutture si è avuta con il decreto attuativo <<Sblocca Italia>> di marzo 2018 con cui si è tentato di regolamentare quelle esperienze, come Allegroitalia o Italianway, che erano già attive sul suolo italiano. Da Milano fino alla Costa Smeralda o all'Isola d'Elba; in totale Allegroitalia mette a disposizione oltre 137 strutture da poter affittare come case vacanze o da poter comprare. Italianway, invece, ha un'offerta più ristretta che si concentra prevalentemente nel milanese e nelle zone di Sanremo.

Al di là di queste due imprese, però, di fatto, come ha ribadito l'assessore regionale al turismo dell'Emilia Romagna, Andrea Corsini, <<l'Emilia Romagna è la prima regione in Italia a recepire la direttiva nazionale>>.
Entro l'estate, infatti, la regione approverà il regolamento nazionale permettendo ai Comuni e agli operatori, di dare il via ai lavori.
Lavori che, nell'ottica del decrato attuativo italiano, avranno come obbiettivo creare nuove risorse attraverso cui gli hotel possano migliorare i propri servizi. <<Gli alberghi – spiesa l'assessore Corsini – potranno acquisire una classificazione superiore rispetto a quella attribuita in precedenza>>. Il regolamento nazionale, infatti, vincola gli albergatori ad investire le somme ricavate dalle vendire o dagli affitti nella riqualificazione degli hotel. <<Questa può essere un'opportunità importante – sottolinea il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini – per intervenire anche su strutture datate, che potranno tornare ad essere competitive sul mercato nazionale e internazionale. L'intento, quindi, è donare alle strutture alberghiere una nuova leva finanziaria attraverso cui migliorare le proprie attività.

Un'attività che può soddisfare diversi tipi di esigenze. Gli appartamenti dei Condohotel, infatti, da un lato possono essere comprati o affittati come case vacanze e, dall'altro, possono essere utilizzati come fonte di guadagno.

Difatti. Nonostante sia vietato il subaffitto da parte di colui che ha comprato l'immobile, il proprietario può decidere di ridare in gestione il locale all'albergatore, che si occuperà di affittarlo dandogli una parte del ricavato. In questo momento il proprietario potrà ottenere un guadagno e, contemporaneamente , lasciare che sia l'hotel a occuparsi dell'affitto- <<I Condhotel Allegroitalia – si legge sul sito web dell'impresa alberghiera – assicurano un rendimento del 5 percento all'anno per 5 anno a chi acquista un apaprtamento-suire in Costa Smeralda o all'Isola d'Elba>>. Il guadagno è assicurato.

Il Condhotel è una tipologia ricettiva già operativa in altri paesi del mondo, che permette agli albergatori di vendere parte delle stanze della struttura ottenendo risorse da reinvestire. Entro due anni sarà una realtà anche in Emilia Romagna.

Cosa dice il decreto ministeriale:
  1. All'interno della struttura alberghiera dovranno esserci almeno 7 camere oltre quelle che verranno cedute ed adibite ad uso residenziale.
  2. C'è un requisito tassativo per gli albergatori che vogliono vendere o affittare le stanze-appartamenti dei loro hotel: dovranno avere cucine ad uso autonomo.
  3. Tutte le camere e gli appartamenti della struttura condivideranno un unico servizio di portineria che poi è il punto di riferimento dell'hotel.
  4. In caso di accordo con il proprietario dell'appartamento, l'albergatore potrà affittare il locale corrispondendogli fino al 60% dei proventi.
  5. Chi comprerà l'unità abitativa all'interno della struttura avrà garantito il suo utilizzo fino a 10 anni dell'anno di avvio dell'esercizio alberghiero.
  6. Il servizio portineria e tutte le altre prestazioni previste all'interno della struttura dovranno essere garantite anche ai proprietari degli appartamenti privati.
  7. Il proprietario dell'hotel dovrà reinvestire tutti i proventi della vendita in opere di riqualificazione che gli facciano guadagnare minimo 3 stelle.
  8. Se il condhotel è costituito da più immobili, questi dovrano essere ubicati a una distanza massima di 200 metri dalla hall.


Fonte: "il Resto del Carlino"
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giovedì 24 maggio 2018

Mutui, i tassi raggiungono il nuovo minimo storico: 1,85%



Buone notizie per chi vuol accendere un finanziamento per l'acquisto di una casa. Secondo i dati diffusi dal rapporto mensile dell'Abi, i tassi di interesse sui mutui hanno raggiunto ad aprile il minimo storico, toccando l'1,85%.
Battendo il precedente minimo storico di marzo (1,88%), i tassi sui finanziamenti per l'acquisto di abitazioni si stabilizzano a quota 1,85%. Sul totale delle nuove operazioni di mutui circa i due terzi sono a tasso fisso.
Miglioramenti anche sul fronte delle sofferenze bancarie. A marzo sono infatti scese al nuovo minimo di 53,9 miliardi, contro i 54,4 di febbraio. La flessione è di 32,9 miliardi (-38%) rispetto al dicembre 2016 e di 35 miliardi (-39%) rispetto al massimo di 88,8 miliardi toccato a novembre 2015.


Fonte: “idealista”
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mercoledì 23 maggio 2018

Confedilizia contro la "visione Ocse": più tasse sugli immobili abbassano il Pil procapite



"Nel breve termine un aumento della tassazione sulla proprietà si correla negativamente con il Pil procapite". Così Confedilizia ha risposto - nel corso di un'audizione sul Def in Parlamento - alla cosiddetta "visione Ocse" che ha più volte proposto uno spostamento delle imposte dal reddito alla proprietà.
"Sulla base di risultati econometrici piuttosto deboli, tale visione - spiega Confedilizia - suggerisce come lo spostamento del prelievo fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta, e dalla tassazione del reddito a quella della proprietà, abbia effetti positivi sulla crescita economica nel lungo termine". Ma tale effetto positivo non risulterebbe più significativo dal punto di vista statistico.

Il parere di Ance sugli incentivi fiscali

In audizione davanti alle Commissioni speciali di Camera e Senato anche l'Ance che ha sottolineato l'importanza di mantenere gli attuali incentivi sulla riqualificazione edilizia. "Un ripensamento degli incentivi alla riqualificazione edilizia" - ha detto l'Associazione nazionale dei costruttori edili - anche se collegato ad una revisione del sistema fiscale, sarebbe in questo momento devastante, non solo per il settore delle costruzioni, ma per la qualità e la sicurezza della casa, principale patrimonio delle famiglie italiane", che dal 2008 ad oggi si è mediamente svalutato del 30%, "impoverendo le famiglie italiane".
L'associazione propone anzi di equiparare la fiscalità sull'acquisto degli immobili nuovi - ad alta efficienza energetica - con quelli usati, come fatto con successo negli anni 2016 e 2017; estendere alle zone a rischio sismico 2 e 3 le detrazioni Irpef per l'acquisto di case antisismiche, derivanti da interventi di demolizione e ricostruzione; rimodulare i benefici fiscali ecobonus e sismabonus,in funzione della tipologia e dimensione degli immobili; garantire un regime di tassazione agevolata all'impresa per le permute di interi stabili condominiali da demolire e ricostruire"








Fonte: “idealista”
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Come detrarre gli interessi passivi del mutuo prima casa dal 730 2018



Chi ha contratto un mutuo ipotecario per l'acquisto della prima casa ha diritto a una detrazione Irpef del 19% degli interessi passivi e degli oneri accessori.
Per i mutui stipulati dal 1993 la detrazione spetta solo in relazione alla stipula di mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto e delle sue pertinenze.
La detrazione spetta solo per il periodo in cui l’immobile è utilizzato come abitazione principale. Il diritto alla detrazione viene meno a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’immobile non è più utilizzato come abitazione principale; tuttavia, se il contribuente torna ad adibire l’immobile ad abitazione principale, in relazione alle rate pagate a decorrere da tale momento, può fruire nuovamente della detrazione.

Detrazione interessi mutuo prima casa trasferimento residenza

Il contribuente che ha acquistato dall’impresa o tramite una cooperativa edilizia un immobile perde il diritto alla detrazione degli interessi se non riesce a trasferirvi la propria residenza entro 12 mesi, anche se la causa è imputabile al comune a seguito, ad esempio, dei ritardi nella concessione dell’abitabilità (Circolare 12.05.2000 n. 95, risposta 1.2.5).
Nel caso in cui l’unità immobiliare sia stata oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, in quanto inagibile totalmente o parzialmente a causa di un evento sismico, la variazione della dimora dipendente da cause di forza maggiore non pregiudica la fruizione della detrazione per gli interessi passivi.
Non si perde comunque il diritto alla detrazione nei seguenti casi:
  • trasferimento della dimora abituale per motivi di lavoro: la detrazione spetta anche se l’unità immobiliare non è stata o non è più adibita ad abitazione principale a causa di un trasferimento per motivi di lavoro.
  • La detrazione non si perde neanche se l’immobile viene locato 
  • ricovero in istituti di ricovero o sanitari: non si tiene conto delle variazioni dell’abitazione principale dipendenti da ricoveri permanenti in case

Limite massimo detrazione interessi mutuo prima casa

La detrazione spetta su un importo massimo di euro 4.000. Per i contratti di mutuo stipulati a partire dal 1° gennaio 1993, in caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo, il limite di euro 4.000 è riferito all’ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti. Tale importo deve essere ripartito in parti uguali tra i mutuatari, ad eccezione del mutuo cointestato con il coniuge fiscalmente a carico, per il quale il coniuge che sostiene interamente la spesa può fruire della detrazione per entrambe le quote di interessi passivi.

Modello 730 detrazione interessi mutuo

Il contribuente per poter fruire della detrazione Irpef del 19% sugli interessi passivi mutuo deve compilare sul 730: Rigo E7 e codici 8, 9, 10 e 11 e righi da E8 a E12 nei quali va indicato l'importo degli interessi passivi, degli oneri accessori e delle quote rivalutate pagate nel corso del 2016 per i mutui, indipendentemente dalla scadenza della rata del mutuo.
In particolare bisogna seguire le seguenti indicazioni
  • mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale (rigo E7);
  • mutui ipotecari stipulati prima del 1993 su immobili diversi da quelli utilizzati come abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 8);
  • mutui (anche non ipotecari) contratti nel 1997 per effettuare interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione su tutti gli edifici compresa l’abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 9);
  • mutui ipotecari contratti a partire dal 1998 per la costruzione e la ristrutturazione edilizia di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 10);
  • prestiti e mutui agrari di ogni specie (righi da E8 a E10 codice 11)




Fonte: “idealista”
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Detrazione Iva ristrutturazione immobile professionista, sentenza della Cassazione

Importante sentenza della Cassazione che riguarda la possibilità di detrarre l'Iva per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili strumentali alla propria attività professionale. Questo anche nel caso in cui si tratti di un bene locato di proprietà di terzi.
Secondo la sentenza n. 11533 del 11 maggio 2018, la Suprema Corte ha sancito il principio secondo il quale si ha diritto alla detrazione Iva "per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l'attività di impresa o professionale". Questo, si legge nella sentenza, anche nel caso in cui l'attività sia "potenziale o di prospettiva", o se per cause estranee al contribuente, la predetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi".

Fonte: “idealista”
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martedì 22 maggio 2018


Cartella esattoriale non pagata: i rischi in caso di ipoteca su un immobile

Gtres
Che rischi si corrono in caso di cartella esattoriale non pagata?
L’iscrizione dell’ipoteca (anche sulla prima casa) con successivo pignoramento e conseguente vendita all’asta dell’immobile. E non salva il fatto che l’immobile sia cointestato oppure assegnato all’altro coniuge in sede di separazione coniugale.
Affinché l’ipoteca possa considerarsi legittima deve essere preceduta da un avviso regolarmente notificato al contribuente. Si tratta della “comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria”. Prima che l’ipoteca possa essere iscritta, dalla data della notifica della comunicazione devono decorrere almeno 30 giorni. Una volta iscritta l’ipoteca, al contribuente non viene notificato alcun ulteriore avviso.
La “comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria” è un atto dovuto che consente il contraddittorio preventivo e l’esercizio del diritto di difesa. La mancata notifica comporta l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, contestabile dinanzi al giudice competente.

Ipoteca casa per cartelle esattoriali

L’ipoteca iscritta dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione è espressamente prevista dalla legge in presenza di determinati requisiti e condizioni. L’ipoteca viene iscritta per un importo pari al doppio dell’importo complessivo della somma dovuta dal debitore.
In caso di mancato pagamento delle cartelle esattoriali, l’ipoteca può essere iscritta su qualsiasi immobile del debitore, anche sulla sua prima e unica casa, ma il debito deve essere sempre non inferiore a 20.000 euro.
La Cassazione ha stabilito che per calcolare tale limite, occorre guardare a tutti i crediti iscritti a ruolo a carico del contribuente e non soltanto a quelli di natura tributaria. Per evitare un’iscrizione ipotecaria sulla propria casa è opportuno fare in modo che il debito complessivo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione rimanga sempre sotto la soglia di 20.000 euro.

Pignoramento immobiliare

Con l’iscrizione dell’ipoteca l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento immobiliare e alla vendita forzata della casa del debitore. L’iscrizione ipotecaria per cartelle non pagate è un passaggio obbligato, in assenza del quale il pignoramento non è possibile e, se avviato, sarebbe illegittimo. Decorsi 6 mesi dall’iscrizione dell’ipoteca, se il debitore non paga, il concessionario può procedere all’espropriazione. Il pignoramento immobiliare è possibile però solo se il debito è superiore a 120.000 euro.

Ipoteca sulla prima casa

L’ipoteca può essere iscritta dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione anche sulla prima casa del debitore. Ma, se questa è anche l’unico immobile dello stesso debitore, non è di lusso (categorie catastali A/8 e A/9), è destinato ad uso abitativo e in esso il contribuente ha fissato la propria residenza, all’ipoteca non può seguire il pignoramento, neppure se il debito supera l’importo di 120.000 euro.

Ipoteca casa cointestata

La casa in comproprietà con il coniuge (o altro soggetto) non debitore non salva dall’ipoteca e dal pignoramento per cartelle esattoriali non pagate, anche nel caso in cui l’abitazione sia stata assegnata dal giudice dopo la separazione. La più recente giurisprudenza ha stabilito che l’ipoteca è legittima anche se iscritta dopo l’assegnazione della casa all’ex coniuge non debitore. I creditori possono inoltre pignorare la casa assegnata dal giudice, con la sentenza di separazione, ad uno degli ex coniugi se quest’ultimo è anche proprietario dell’immobile.
Se il coniuge assegnatario della casa coniugale, ottenuta con provvedimento del giudice all’esito della causa di separazione, è anche proprietario dell’immobile, i suoi creditori potranno pignorare tale bene. Non conta il fatto che l’assegnazione sia anteriore.
                                                                          Fonte: “idealista”
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giovedì 17 maggio 2018


Proroga contratto affitto, come funziona e come mantenere la cedolare secca

Come funziona la proroga di un contratto di affitto?
E cosa succede nel caso sia stata effettuata l’opzione per la cedolare secca?
Vediamo quanto disposto.
Innanzitutto, è opportuno spiegare che la proroga è il prolungamento della durata del contratto per un periodo ulteriore. La proroga deve essere obbligatoriamente comunicata all’Agenzia delle Entrate.
Come spiegato dalla stessa Agenzia delle Entrate, al pari della prima registrazione, l’imposta dovuta per la proroga può essere corrisposta per la singola annualità o per l’intero periodo di durata della proroga.
L’imposta deve essere versata entro 30 giorni dalla scadenza del contratto(o di una precedente proroga) nei seguenti modi:
  1. utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web) tramite richiesta di addebito su conto corrente;
  2. con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1504.
  • Nel primo caso, la comunicazione della proroga è inviata telematicamente, contestualmente alla richiesta di addebito.
  • Nel secondo caso (pagamento con modello F24 Elementi identificativi), è necessario comunicare la proroga all’ufficio dove è stato registrato il contratto presentando, nello stesso termine di 30 giorni, il modello RLI debitamente compilato.
Nel calcolo dell’imposta da versare si deve tener conto anche di eventuali adeguamenti del canone di locazione (ad esempio adeguamento Istat).
Per quanto riguarda la cedolare secca, per mantenere tale opzione nel successivo periodo di proroga del contratto è necessario confermare tale regime contestualmente alla comunicazione di proroga.
La conferma deve essere effettuata nel termine previsto per il versamento dell’imposta di registro, cioè entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga.
Tale comunicazione può essere effettuata:
  • tramite i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web);
  • presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI cartaceo debitamente compilato.
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martedì 15 maggio 2018

Contratto preliminare di compravendita immobiliare,cosa sapere

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Cosa deve contenere

Il contratto preliminare di compravendita immobiliare, con il quale venditore e acquirente definiscono tutte le condizioni di vendita, deve indicare gli elementi principali della vendita: casa da acquistare, prezzo, indirizzo, descrizione dell’immobile con i dati del Catasto e la data del contratto definitivo.
Come sottolineato dal Consiglio nazionale del Notariato, è opportuno, inoltre, definire tutti gli obblighi reciproci da adempiere prima della consegna dell’immobile. In caso di vendita di immobili in corso di costruzione sono previste dalla legge regole particolari per la redazione del contratto preliminare.
Non è obbligatorio che il contratto preliminare sia stipulato da un notaio, ma è comunque opportuno chiarire con il notaio quali sono gli obblighi da esso derivanti.

La trascrizione nei Registri Immobiliari

La trascrizione del contratto preliminare di compravendita nei Registri Immobiliari vale come vera e propria prenotazione dell’acquisto dell’immobile
Dal momento della trascrizione del contratto preliminare, l’immobile è “riservato” al futuro acquirente, e qualsiasi trascrizione o iscrizione non avrebbe effetto nei suoi confronti.
Al momento della registrazione del contratto preliminare devono essere pagate le seguenti imposte, che saranno poi recuperate in sede di stipula del definitivo:
  • 0,50% sulla caparra;
  • 3% delle somme pagate come acconto prezzo.
Fonte: “idealista”
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730, la detrazione per l'affitto dell'abitazione principale

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Nel modello 730 per il 2018 è possibile detrarre anche le spese sostenute per l'affitto di una casa adibita ad abitazione principale sostenute nel corso del 2017.

Detrazione locazione abitazione principale

L'importo della detrazione varia a seconda del tipo di contratto di locazione stipulato tra inquilino e proprietario di casa, se si tratta di cedolare secca o tassazione ordinaria.

Detrazione affitto cedolare secca

Nel caso in cui l'affitto sia stato stipulato utilizzando la cedolare secca, l'importo detraibile varia a seconda del reddito.
  • se il reddito non supera i 15.493,71 euro si possono detrarre 495,80 euro
  • se il reddito è tra 15.493,72 e 30.987,41 euro si possono detrarre 247,90 euro
Per portare in detrazione l'affitto con cedolare secca, il contribuente deve compilare il rigo E1 del modello 730 per il 2018 e indicare il codice 2.

Detrazione affitto tassazione ordinaria

Per il resto dei contratti si ha diritto a una detrazione di: 300 euro se il reddito non supera i 15.493,71 euro e di 150 euro se il reddito è tra i 15.493,72 e 30.987,41 euro.
Il contribuente deve indicare tali spese nel Rigo E1, Codice 1 del 730.

Detrazione affitto abitazione principale senza residenza

La detrazione affitto senza residenza è la possibilità di detrarre le spese per i canoni di locazione anche se non si ha la residenza nella casa adibita ad abitazione principale. L'articolo 16 del Tuir, il Testo unico delle imposte sui redditi, prevede che la detrazione spetta "ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale". Non è richiesta la residenza anagrafica.


Fonte: “idealista”
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Differenza tra compromesso e rogito, ecco qual è il contratto prevalente

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Quando si acquista una casa si firma prima il compromesso (contratto preliminare) e poi il rogito (contratto definitivo). Ma cosa succede se c’è difformità tra i due documenti? Quale contratto è prevalente? Lo ha spiegato la Cassazione con la sentenza n. 6223/2018.

Prevalenza contratto definitivo sul preliminare

La Cassazione ha stabilito che quando vi è diversità tra il contenuto del contratto preliminare e il contenuto del contratto definitivo vale quanto scritto nel contratto definitivo. Di conseguenza, quanto diversamente pattuito in quello preliminare non ha alcun valore. Tra compromesso e rogito prevale quest’ultimo, salvo la presenza di qualche clausola contrattuale che disponga sulla prevalenza di un testo sull’altro.
Secondo i giudici supremi, nonostante il contratto definitivo sia stipulato in adempimento di un contratto preliminare, esso non è una pura riproduzione meccanica del primo dal quale prende le mosse, ma è un autonomo accordo all’interno del quale venditore e compratore restano liberi di allineare le loro volontà in modo diverso da quanto programmato nel contratto preliminare.
Il contratto definitivo deve rispettare i requisiti comuni a tutti i contratti (legittimazione, possibilità e liceità dell’oggetto, causa e forma) dal momento che non è una semplice ripetizione del preliminare, ma un nuovo contratto che le parti stipulano adempiendo all’impegno assunto col preliminare.
Di norma il contenuto del contratto definitivo è conforme a quanto previsto nel preliminare, ma le parti possono prevedere una disciplina difforme o revocare i precedenti accordi, senza per forza stipulare un nuovo contratto preliminare.
Fonte: “idealista”
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lunedì 14 maggio 2018

Modifica della durata del contratto di locazione, come si ottiene una riduzione?

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I nostri collaboratori di condominioweb ci spiegano quali sono gli adempimenti necessari nel caso in cui locatore e conduttore vogliano concordare una riduzione della durata del contratto.
Locatore e conduttore possono concordare la riduzione della durata del contratto di locazione tra loro in essere? Se sì, quali sono gli adempimenti necessari alla corretta esecuzione di tale operazione?
Di quanto può essere diminuita la durata del contratto?
Qui di seguito vedremo quali sono le risposte ai quesiti e di conseguenza come si devono comportare le parti.
Durata del contratto di locazione
Salvo casi particolari, disciplinati dal codice civile, in generale dall'art. 1322 c.c. ed in particolare dalle norme sulla locazione, la durata dei contratti di locazione è ad oggi espressamente prevista da specifiche disposizioni di legge:
la legge n. 431 del 1998 e successive disposizioni attuative per quanto concerne la durata delle locazioni destinate a soddisfare esigenze abitative;
la legge n. 392 del 1978 riguardante la durata dei contratti di locazione per usi differente da quelli abitativi (es. locazione commerciale, per usi professionali, ecc.).
Qui di seguito le durata dei contratti previste dalle normative testé citate.
Locazioni abitative:
  • quattro anni rinnovabili, salvo particolari esigenze del locatore, per altri quattro, con canone libero;
  • tre anni rinnovabili, salvo particolari del locatore, per un altro biennio, con canone concordato (ossia che deve rientrare nell'ambito di un range previsto da specifici accordi locali);
  • locazioni ad uso transitorio, per particolari e documentate esigenze di locatore o conduttore, della durata minima di sei mesi e massima di diciotto, anche queste con canone concordato;
  • locazioni per studenti universitari, con durata minima sei mesi e massima trentasei, con canone concordato.
Per le locazioni ad uso differente da quello abitativo;
  • sei anni rinnovabili, salvo particolari esigenze del locatore, per altri sei, con canone libero;
  • almeno nove anni per le locazioni alberghiere, con canone libero;
  • durata inferiore da stabilirsi caso per caso nelle ipotesi di attività di carattere transitorio (es. locazioni stagionali), con canone libero.
Queste le tipologie specificamente previste dalla legge
Le norme del codice civile in materia di durata della locazione - per i casi fin qui esposti da ritenersi superate - specificano che la locazione non può avere durata superiore a trenta anni.
Poiché l'art. 1322 c.c. consente alle parti di determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge anche fuori dai ai tipi aventi una disciplina particolare e sempre che siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, ad avviso di chi scrive non vi sono ragioni per escludere durate dei contratti differenti da quelle fin qui descritte, anche con i medesimi scopi, purché non abbiano finalità elusiva delle norme succitate.
Modifica della durata della locazione
I contratti di locazione per uso abitativo devono tassativamente essere redatti in forma scritta. L'unico contratto del genere che pare sfuggire a questa regola è il contratto di locazione per durata inferiore a trenta giorni nell'arco di un anno.
Portiamo degli esempi per comprendere a che cosa ci stiamo riferendo e di conseguenza a quali norme le parti debbano fare riferimento.
S'ipotizzi che le parti abbiano stipulato un contratto quadriennale con rinnovo, ma che sorte differenti esigenze, non risolvibili con l'esercizio del diritto di recesso, si decidano a modificarne la durata in venti mesi, ovvero in un accordo triennale.
Lo stesso dicasi per un'attività commerciale con contratto di durata seennale, divenuta per esigenze del conduttore, da attività stabile a stagionale.
Come comportarsi in questi casi?
Per rispondere al quesito bisogna guardare al d.p.r. n. 131 del 1986 e più nelle specifico all'art. 17, primo comma, a mente del quale «l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti ed assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237».
Come inquadrare la modificazione della durata della locazione ai fini della eventuale necessità di registrazione dell'accordo?
Al riguardo è utile legge una risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 2010, la quale - riprendendo quanto già affermato dalla Cassazione - in materia di riduzione del canone di locazione, affermò che «…le sole variazioni del canone non sono di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione…la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell'oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 c.c. (cfr. sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, del 9 aprile 2003, n. 5576)» (Ris. N. 60/E del 2010).
La modificazione della durata, ad avviso dello scrivente, va considerata alla stregua di una novazione oggettiva del rapporto, in quanto sostituisce un contratto di una particolare durata, con uno differente, magari per durata soggetto a regole diverse.
Ricordiamo, infine, che la registrazione delle modifiche dei contratti di locazione (eccezion fatta per la riduzione del canone) comporta una imposta di registro in misura fissa pari ad € 67,00 e una imposta di bollo di € 14,62 ogni foglio registrato. Si tratta di somme che è sempre bene verificare prima di procedere alla registrazione, poiché sovente soggette a variazioni.



Fonte : “ Idealista”
Agenzia Immobiliare Farini
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Aliquota Iva ridotta per lavori di ristrutturazione, come funziona

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Anche per l'anno 2018 è possibile usufruire dell'aliquota Iva agevolata del 10% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Vediamo su quali interventi si applica e quali sono le condizioni per usufruirne

iva agevolata 10 manutenzione straordinaria 2018

Sulle prestazioni di servizi relativi a interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati sulle unità immobiliari abitative, è prevista l’Iva ridotta al 10%. Sui beni, invece, l’aliquota agevolata si applica solo se ceduti nell’ambito del contratto di appalto. Tuttavia, quando l’appaltatore fornisce beni “di valore significativo”, l’Iva ridotta si applica ai predetti beni soltanto fino a concorrenza del valore della prestazione considerato al netto del valore dei beni stessi. In pratica, l’aliquota del 10% si applica solo sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi
I “beni significativi” sono stati individuati dal decreto 29 dicembre 1999. Si tratta di:
  • ascensori e montacarichi
  • infissi esterni e interni
  • caldaie
  • video citofoni
  • apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria
  • sanitari e rubinetteria da bagni
  • impianti di sicurezza.
      • iva agevolata 10 quando si applica

La legge di bilancio 2018 fornisce un’interpretazione della norma che prevede l’aliquota Iva agevolata al 10% per i beni significativi, spiegando come individuare correttamente il loro valore quando con l’intervento vengono forniti anche componenti e parti staccate degli stessi beni (si pensi, per esempio, alle tapparelle e ai materiali di consumo utilizzati in fase di montaggio di un infisso).
In particolare, viene precisato che la determinazione del valore va effettuata sulla base dell’autonomia funzionale delle parti staccate rispetto al manufatto principale.
In sostanza, come l’Agenzia delle Entrate aveva già spiegato nella circolare n. 12/E del 2016, in presenza di questa autonomia i componenti o le parti staccate non devono essere ricompresi nel valore del bene ma in quello della prestazione (e quindi assoggettati ad aliquota Iva ridotta del 10%). Al contrario, devono confluire nel valore dei beni significativi e non in quello della prestazione se costituiscono parte integrante del bene, concorrendo alla sua normale funzionalità.
La stessa legge di bilancio ha previsto, inoltre, che la fattura emessa da chi realizza l’intervento deve specificare, oltre all’oggetto della prestazione, anche il valore dei “beni significativi” forniti con lo stesso intervento.
Quando non spetta l'agevolazione del 10%
Non si può applicare l’Iva agevolata al 10%:
  • ai materiali o ai beni forniti da un soggetto diverso da quello che esegue i lavori
  •  ai materiali o ai beni acquistati direttamente dal committente
  • alle prestazioni professionali, anche se effettuate nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero edilizi
  • alle prestazioni di servizi resi in esecuzione di subappalti alla ditta esecutrice dei lavori. In tal caso, la ditta subappaltatrice deve fatturare con l’aliquota Iva ordinaria del 22% alla ditta principale che, successivamente, fatturerà la prestazione al committente con l’Iva al 10%, se ricorrono i presupposti per farlo 

    Fonte : "Idealista"
    Agenzia Immobiliare Farini 
    059454227, 3398395052