lunedì 20 agosto 2018

Affitto o mutuo, eterno dilemma
Mercato immobiliare al rallenty
Ecco quando conviene comprare


COMPRO o resto in affitto? È una domanda che si pongono molti inquilini che non hanno ancora la casa di proprietà e continuano a pagare salatissimi canoni di locazione. Prima che i prezzi degli immobili tornino salire, dopo la discesa registrata dal 2007 in poi, si può prendere in considerazione l’ipotesi dell’acquisto. In molti centri urbani, infatti, la rata di affitto richiesta supera ampiamente quella del mutuo necessario a comprare un appartamento della stessa superficie. Nelle grandi città, per esempio, prendere in locazione un bilocale o un trilocale da 50 o 70 metri quadri, spesso costa almeno 800 o 1.000 euro al mese. Destinando la stessa cifra alla cifra a un mutuo che dura 25 o 30 anni, si riesce invece a comprare un appartamento che costa almeno 250mila euro. A questo prezzo, oggi sul mercato non si trovano certo delle regge ma sicuramente degli appartamenti po’ più belli rispetto a tanti bilocali fatiscenti, messi in affitto a prezzi stellari.

PER RENDERSENE CONTO basta dare un’occhiata ai siti web dedicati alle inserzioni immobiliari più popolari tra gli internauti italiani. A Milano, per esempio, il portale Immobiliare.it rileva un canone medio di locazione delle case di quasi 17 euro al metro quadro. Ciò significa che, per avere un semplice bilocale da 50 metri quadrati, si paga una rata di affitto di 850 euro, che sale a oltre 1.300 per un trilocale da 80 metri quadrati. Considerando che nel capoluogo lombardo il prezzo medio al metro quadro delle case in vendita è 3.300 euro, oggi si può acquistare un bilocale da 50 metri quadri con 165mila euro e un trilocale da 80 metri quadri a meno di 270mila euro.

DUNQUE, chi ha un po’ di soldi da parte da anticipare (tra 40 e 65mila euro circa, considerando anche le spese notarili di agenzia) , può procedere all’acquisto di questi immobili con un mutuo che è senz’altro più conveniente rispetto all’affitto. Per avere un finanziamento da 132mila euro con scadenza a 25 anni e destinato all’acquisto di un immobile che costa almeno 165mila euro, per esempio, si paga oggi un rata di rimborso a tasso fisso di 550 euro circa, che scende a meno di 500 euro per chi sceglie il più rischioso tasso variabile. Per rimborsare un mutuo con scadenza a 25 anni da 216mila euro e destinato a comprare una casa che ne vale almeno 270mila, oggi bisogna invece pagare una rata mensile di circa meno di 900 euro se viene scelto il tasso fisso, e di 800 euro circa con il tasso variabile. Dunque, chi a Milano decide di acquistare anziché andare in affitto deve sborsare un bel po’ di soldi all’inizio, ma poi risparmia almeno 300-500 euro sulla rata da pagare ogni mese. E nel frattempo, ovviamente, riesce a diventare proprietario di un immobile invece di versare soldi a fondo perduto in un canone di locazione. Il confronto tra mutuo e affitto non cambia molto in altre città diverse da Milano.

A FIRENZE, per esempio, sempre secondo i dati di Immobiliare.it, un bilocale in locazione da 50 metri quadrati costa mediamente 750 euro al mese, mentre oggi è possibile comprarlo con un finanziamento a 25 anni che richiede una rata a tasso fisso di 600 euro. A Bologna, invece, un piccolo appartamento della stessa superficie ha un canone di affitto medio di 600 euro mentre comprarlo con un mutuo all’80% costa meno di 500 euro al mese. Il quadro rimane lo stesso anche al Centro-Sud dove i canoni di locazione sono più bassi che al Nord, ma anche i prezzi di acquisto sono assai più contenuti . Ovviamente, l’acquisto della casa a volte è un po’ problematico e richiede anche costi di ristrutturazione o di arredo e altre spese non previste. Finché i tassi d’interesse resteranno così bassi, però, una cosa è certa: nel confronto tra affitto e mutuo, in linea di massima vince quest’ultimo.

Fonte : "Andrea Telara " 
Agenzia Immobiliare Farini 
059454227 

mercoledì 8 agosto 2018

Ipoteca e pignoramento sono la stessa cosa?

Ipoteca e pignoramento sono la stessa cosa?

Quando si è debitori, la casa spesso finisce per trovarsi al centro di procedimenti collegati al pagamento (o al mancato pagamento) delle somme dovute, soprattutto se a doverle incassare è un istituto di credito. In tal caso si configurano alcune casistiche che possono coinvolgere un immobile: in particolare il pignoramento o l’ipoteca.



Pignoramento: cos'è

Si tratta di casi diversi, e vediamo perché. Il pignoramento è un atto con cui la casa viene forzatamente sottratta al suo proprietario nell’ambito di un procedimento di espropriazione forzata in caso di impossibilità di rimborsare altrimenti un debito. In altre parole, quando una persona contrae un debito, ad esempio un mutuo bancario, e poi non lo rimborsa per mancanza di liquidità o di possibilità di farlo anche a rate, il tribunale interviene con una sentenza apposita e dispone che il debito venga soddisfatto tramite la vendita del bene immobile, che viene quindi espropriato (tramite pignoramento) al precedente proprietario. In questo modo il debitore perde la proprietà dell’immobile, che a tutti gli effetti diventa di appartenenza del creditore (la banca, nel nostro esempio).
A disciplinare il pignoramento sono gli articoli 483 e 604 del codice civile. Il pignoramento avviene in fasi di gravità crescente che si susseguono: dall’avviso bonario di mancato pagamento, all’invio della cartella di pagamento, all’intimazione di pagamento entro un certo numero di giorni. Segue l’iscrizione dell’ipoteca (anche su beni non precedentemente ipotecati), e, dopo sei mesi di mancato pagamento, l’espropriazione forzata, che verrà notificata dall’ufficiale giudiziario (in giorni feriali dalle 7 alle 21). In presenza di un debito da ripagare, il giudice disporrà che vengano pignorati per primi i beni più facilmente rivendibili, quindi gioielli, automobili, opere d’arte, per poi giungere alla casa. I beni pignorati sono posti in custodia per dieci giorni, e poi saranno trasferiti al creditore, che disporrà eventualmente della vendita.



Ipoteca: cos'è

L’ipoteca, in sé, non ha nulla a che vedere con il pignoramento in quanto si tratta semplicemente di una forma di garanzia per il creditore, che se ne serve nel momento in cui eroga un prestito, per tutelarsi dalla possibilità che tale prestito non venga rimborsato. L’ipoteca per questo è utilizzata largamente nella stipula di mutui. Nel momento in cui viene iscritta,  non pregiudica la proprietà dell’immobile in capo al soggetto debitore, che continua quindi a poter disporre del bene, perfino a venderlo, se ne ha la possibilità (lo venderà, però, gravato da ipoteca, che l’eventuale compratore si dovrà accollare). Nell’ambito di un procedimento esecutivo per mancato pagamento, come abbiamo visto, anche in caso l’immobile non fosse precedentemente ipotecato, lo sarà nel momento in cui gli avvisi di pagamento saranno caduti nel vuoto. Dal momento dell’iscrizione forzata dell’ipoteca, potranno trascorrere sei mesi in cui il debitore avrà il tempo di sanare il proprio debito: se ciò non avverrà, l’ipoteca sarà l’anticamera dell’esproprio. Se parliamo di ipoteca legata al mutuo, l’espropriazione forzata può essere richiesta dopo il mancato pagamento di sette rate, o comunque dopo 180 giorni di mancati pagamenti.

Soglie minime per il pignoramento

Per l’iscrizione forzata dell’ipoteca nell’ambito di un procedimento giudiziario – iscrizione che potrà avvenire solo dopo le fasi precedenti sopra descritte, altrimenti sarà illegittima - esistono delle soglie minime di debito di 20 mila euro per la prima casa (e di 8 mila per gli altri beni immobili). Per il pignoramento, che può avvenire solo dopo la scadenza dei sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca, il limite è di 120 mila euro per creditore. Non c’è limite invece per le seconde case di lusso, ville o castelli. Nessuna limitazione anche per uffici e studi professionali. Infine, nessun limite interviene anche nel caso in cui entrambi – debitore e creditore- siano privati, perché in quel caso gli interessi sono equiparabili.


Da "Idealista"
Agenzia Farini 
059 454227