martedì 20 novembre 2018

Come vendere una casa donata senza rischi, le proposte del Notariato



Gtres

Donazioni beni immobili, i problemi

Come evidenziato dal Notariato, sui beni immobili donati ci sono problemi di circolazione che si prospettano di fronte a un venditore che, magari a distanza di tempo dalla data in cui ha ricevuto una donazione e con il donante ancora in vita, intenda alienare il bene di provenienza donativa.
Secondo il rapporto Dati Statistici Notarili, in Italia sono state stipulate nel 2017 più di 135.000 donazioni immobiliari, nel 2016 quasi 139.000 e nel primo semestre 2018 si registra un aumento del 5% per le donazioni di fabbricati e del 4% per le donazioni della nuda proprietà di fabbricati.
Il Notariato ha sottolineato che già con il Congresso di Verona dell’ottobre 2016 il Consiglio stesso aveva richiamato l’attenzione dei giuristi e del mondo politico sull’opportunità di un intervento di riforma del diritto ereditario.
L’evoluzione del diritto di famiglia, dalla legge n.151/1975 ad oggi, si è sviluppata nel senso dell’instabilità e della multiformità delle relazioni parentali (divorzio breve; degiurisdizionalizzazione dei procedimenti di separazione e divorzio; unioni civili; convivenze registrate), fenomeni che portano con sé l’urgenza di affrontare il nodo del diritto ereditario nella famiglia che cambia.

Donazioni beni immobili, il progetto di riforma del notariato

Il progetto di riforma a cui sta lavorando il Consiglio Nazionale del Notariato seguirà le seguenti linee:
Revisione della qualificazione legittima (la legittima come diritto su una parte in natura del patrimonio ereditario): sono forse maturi i tempi per una diversa qualificazione del diritto alla legittima, quale diritto di credito, a una parte del valore del patrimonio ereditario, che può essere soddisfatto con qualsiasi bene, anche non ereditario. Tale riforma consentirebbe, tra l’altro, di superare le note difficoltà di negoziazione dei beni di provenienza donativa.
Superamento del divieto dei patti successori, almeno di quello rinunciativo (come è già, per esempio, nel diritto tedesco, svizzero, francese e austriaco): si ritiene giunto il momento in cui consentire ai presunti futuri eredi di rinunciare ai propri diritti (meglio, alle proprie attese) almeno su determinati beni di proprietà del proprio ascendente o coniuge, che si ritiene potranno essere oggetto di una futura eredità.
Ampliamento dell’ambito di applicazione del patto di famiglia sempre nell’ottica di consentire la pianificazione concordata dei trasferimenti endofamiliari e, in genere, del passaggio generazionale della ricchezza: va valutata l’opportunità di ampliare l’ambito di applicazione del patto di famiglia, oggi limitato ad aziende e quote societarie, prevedendo un patto di famiglia “allargato”, che consenta, sul piano oggettivo, di dare stabilità ai trasferimenti fatti in vita a favore degli stretti congiunti anche di beni diversi da quelli “produttivi” e, sul piano soggettivo, che vada verso la possibilità di stipulare un patto capace di coinvolgere il patrimonio di entrambi i genitori (si pensi a due coniugi, ciascuno proprietario di beni determinati, che intendano distribuire detti beni tra i figli senza distinguere tra il patrimonio del padre e quello della madre).
Introduzione del certificato di successione: con l’obiettivo di dare certezza e stabilità ai trasferimenti e alle procedure ereditarie, si potrebbe immaginare l’introduzione nell’ordinamento del certificato di successione, cioè di un atto notarile nel quale, su richiesta di parte, potrebbero essere contenuti:
  • i dati relativi alla devoluzione del patrimonio ereditario, le generalità di ciascun erede e/o legatario ed i diritti a lui spettanti, i poteri della persona designata per eseguire le disposizioni testamentarie o per amministrare la successione;
  • eventualmente l’accettazione di eredità, anche con il beneficio d’inventario, la rinuncia all’eredità ovvero il rifiuto di legato, la rinuncia all’azione di riduzione ovvero gli accordi per l’integrazione dei diritti di legittimari lesi o confermare eventuali disposizioni testamentarie nulle, in conformità all’art. 590 del Codice civile.

Donazioni beni immobili, come evitare i rischi

Acquistare una casa in donazione può rivelarsi rischioso, ma evitare problemi è possibile. Si ricorda che la donazione è contestabile entro 20 anni dal momento in cui è stata trascritta o entro 10 anni dal decesso del donante. Con la contestazione l’erede può riprendersi il bene donato, anche se questo è già passato di proprietà.
Per proteggere la donazione, l’erede può rinunciare alla contestazione con un atto formale sottoscritto quando ancora il donante è in vita. A chiarirlo è stata la sentenza del Tribunale di Pescara n. 250/2017, ricalcando quanto già espresso dal Tribunale di Torino (sentenza n. 2298/2014).
Chi dona una casa, a un parente o a un terzo, compie un atto che potrebbe danneggiare i cosiddetti legittimari, ai quali la legge accorda sempre una quota minima del patrimonio del defunto, anche a dispetto della sua volontà. I legittimari possono esperire la cosiddetta “azione di riduzione della legittima”, una causa volta a recuperare quella parte di eredità che spetta loro per legge.
L’azione di riduzione, però, non può essere esperita superato un certo termine: 20 anni dalla trascrizione della donazione nei pubblici registri immobiliari; 10 anni dall’apertura della successione. Superato questo arco di tempo, se non viene intrapresa alcuna azione, la donazione diventa inattaccabile.
La prassi notarile ha elaborato una soluzione più rapida, convalidata dai giudici: far firmare all’erede legittimario una rinuncia a contestare la donazione. In questo modo, l’erede si impegna a non effettuare l’azione di restituzione dell’immobile. Se gli eredi legittimari sono diversi, la firma dovrà essere raccolta da tutti quanti. La rinuncia può essere firmata quando il donante è ancora in vita.
Con questo accordo, tuttavia, il legittimario non perde la propria quota di legittima, che potrà rivendicare anche nei confronti del donante; si impegna solo a non chiedere indietro l’immobile oggetto dell’accordo, ferma restando la possibilità di rivalersi in modo diverso.

Donazioni beni immobili, di cosa si tratta

La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
Costituiscono oggetto di donazione tutti i beni e i diritti che possono arricchire il patrimonio del donatario, come ad esempio immobili, crediti, aziende, denaro, veicoli o opere d’arte. Possono donare solo coloro che possono disporre liberamente dei propri beni.
In merito alla donazione che ha per oggetto i beni immobili, la normativa – entrata in vigore il 1º luglio 2010 – stabilisce che in caso di stipula di una donazione, il proprietario abbia l’obbligo di dichiarare nell’atto stesso che i dati e le planimetrie depositate in catasto sono conformi allo stato di fatto, ovvero alla localizzazione, destinazione d’uso e configurazione reale e attuale dell’immobile, pena nullità dello stesso.

Donazioni beni immobili, le imposte da pagare

Le imposte da pagare su una donazione immobiliare dipendono dal grado di parentela che intercorre tra donante e donatario.
  • Se il beneficiario è il coniuge o un parente in linea retta del donante, l’imposta di donazione si applica solo alla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 1.500.000 euro.
  • Se il beneficiario è il fratello o la sorella del donante, l’imposta di donazione si applica solo alla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 100.000 euro.
  • Se il beneficiario è un soggetto portatore di handicap (riconosciuto grave a sensi della legge 5.2.1992 n. 104), l’imposta di donazione si applica solo alla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 1.500.000.
L’imposta si ottiene applicando alla base imponibile, decurtata dall’eventuale franchigia, le seguenti aliquote che variano anch’esse a seconda del rapporto di parentela tra donante e beneficiario:
  • 4% per i coniugi e i parenti in linea retta, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro;
  • 6%, per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro;
  • 6% da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia) per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale fino al terzo grado;
  • 8% da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia) per le altre persone.
Sulle donazioni di un bene immobile o di un diritto reale immobiliare sono dovute, inoltre:
  • l’imposta ipotecaria, nella misura del 2% del valore dell’immobile;
  • l’imposta catastale, nella misura dell’1% del valore dell’immobile.
L’imposta è dovuta dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi. Ai fini dell’imposta sono considerati parenti in linea retta anche i genitori e i figli naturali, i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli adottanti e gli adottati
Per le donazioni di prima casa si applicano le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna. L’agevolazione prima casa a titolo di donazione non preclude la possibilità di chiedere nuovamente il regime di esenzione in caso di successivo, eventuale, acquisto a titolo oneroso di altro immobile (soggetto a imposta di registro).
L’agevolazione prima casa fruita per l’acquisto di immobili per donazione preclude ulteriore acquisti agevolati a titolo gratuito, salvo che tali acquisti abbiano per oggetto quote dello stesso immobile.
Fonte : “idealista”
Agenzia Immobiliare Farini
059454227

dati istat




ecco i dati del mese di ottobre per i dati istat

dati utili per i rinnovi contrattuali e le loro variazioni




+1,5% la variazione annuale dell'indice ISTAT del mese di ottobre 2018
Mese ottobre 2018
Il numero indice per il mese di ottobre (base 2015=100) è pari a: 102,4
Principali variazioni rispetto al mese di ottobre 2018
variazione mensile per il periodo settembre 2018 - ottobre 2018: 0,0%
variazione annuale per il periodo ottobre 2017 - ottobre 2018: +1,5%
variazione biennale per il periodo ottobre 2016 - ottobre 2018: +2,4%
Prossimo comunicato relativo all'indice di novembre 2018: 14 dicembre 2018



venerdì 16 novembre 2018

Visura catastale immobile cos’è e come ottenerla


Gtres 

Tra i documenti necessari per vendere o affittare casa, per effettuare modifiche all’immobile, per alcune pratiche edilizie, per l’allaccio delle utenze elettriche o del gas, per le successioni, per il calcolo di alcuni tributi c’è la visura catastale. Ma di cosa si tratta esattamente e come si ottiene? Andiamo a scoprirlo.

Visura catastale immobile, cos’è

La visura catastale è un documento rilasciato dall’Agenzia delle Entrate. Esso contiene i principali dati di un immobile:

  • il comune e la Provincia in cui si trova;

  • i dati di identificazione catastale (sezione, foglio, particella, subalterno);

  • i dati di classamento (zona censuaria ed eventuale microzona, categoria e classe catastale, superficie, consistenza e rendita catastale);

  • i dati di intestazione per ciascun intestatario (dati anagrafici, codice fiscale, diritti e oneri reali);

  • la planimetria.

Visura catastale immobile di proprietà

Possedere la visura catastale del proprio immobile è importante per verificare l’esatta corrispondenza tra le informazioni presenti nelle banche dati catastali e lo stato reale dell’immobile.

A partire da questi dati vengono calcolati alcuni tributi come, ad esempio, l’Imu e la Tari. La visura dell’immobile è necessaria anche se si vuole vendere o affittare un immobile, per effettuare delle modifiche all’immobile, come nel caso delle ristrutturazioni, per alcune pratiche edilizie, per l’allaccio delle utenze elettriche o del gas, per le successioni.

La visura catastale può essere richiesta con riferimento a un singolo immobile (visura per immobile) oppure a una persona fisica o giuridica (visure per soggetto). Quest’ultima permette di conoscere le informazioni su tutti gli immobili di cui è intestatario, anche solo in parte, un soggetto. La visura catastale relativa ai propri immobili è gratuita.

Visura catastale immobile, come ottenerla

Il servizio “Consultazione personale” dell’Agenzia delle Entrate consente di conoscere i dati relativi ai propri immobili o terreni e ottenere:

  • la visura catastale attuale e storica, per soggetto o per immobile, contenente identificativi, categoria, classe, superficie catastale per gli immobili censiti nei gruppi A, B e C, rendita catastale o redditi dominicale e agrario;

  • l’estratto di mappa con la particella terreni;

  • la planimetria del fabbricato.

Le informazioni catastali, ad eccezione della consultazione delle planimetrie riservata esclusivamente agli aventi diritto sull’immobile o ai loro delegati, sono pubbliche e dunque l’accesso è consentito a tutti, pagando i relativi tributi speciali catastali e nel rispetto della normativa vigente.

I titolari, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento, possono chiedere la consultazione gratuita e in esenzione dei tributi, per gli immobili di cui risultano titolari in catasto (consultazione personale).

A Trento e Bolzano i servizi catastali sono gestiti dalle rispettive Province autonome.

Fonte : "Idealista "
Agenzia Immobiliare Farini
059454227

Lettera governo all'Ue: il deficit non cambia e il debito scenderà vendendo (ancora) immobili pubblici


L'italia aveva tempo fino al 13 novembre per rispondere alle raccomandazioni dell'Europa sulla manovra di bilancio ed evitare una probabile procedura d'infrazione. La lettera del governo all'Ue è una sfida: il deficit rimane al 2,4%, ma il debito dovrebbe scendere grazie alla vendita di immobili pubblici, una delle misure da sempre più usate per fare cassa.
La lettera del governo all'Ue non cambia la sostanza della legge di Bilancio 2019. Al termine del consiglio dei Ministri che ha definito i contorni della lettera all'Europa, il vicepremir Luigi di Maio ha chiarito, infatti che: "la manovra non cambia né nei saldi né nella previsione della crescita. Abbiamo detto chiaramente che ci impegniamo a mantenere il 2.4% di deficit e il Pil all'1,5%, ma reddito cittadinanza, riforma Fornero, soldi ai truffati delle banche restano".
Nella lettera all'Ue, il governo spiega quali sono le clausole di salvaguardia e i controlli automatici sulla spesa già previsi per evitare che il deficit salga oltre il limite previsto del 2,4%. 

Dismissione patrimonio immobiliare pubblico

L'unica concessione nella lettera del governo all'Europa è una diminuzione del debito pubblico, grazie alla vendita di immobili pubblici, un'operazione che dovrebbe valere l'1% del Pil. 
Su questo punto ha detto ancora Di Maio: "deve essere chiara una cosa nel programma di dismissioni non ci sono i gioielli di famiglia: stiamo parlando di immobili, di beni secondari dello Stato e sicuramente la dismissione avrà un effetto positivo per la riduzione del debito".

"Nella lettera a Bruxelles abbiamo detto che aumentiamo la valorizzazione dei nostri immobili, quindi della dismissione dei nostri immobili". E potremo fare più soldi dal taglio e dalla dismissione di quello che non serve, degli immobili di proprietà dello Stato". 
La vendita di immobili pubblici è stata una delle misure più utilizzate dai governi passati per fare cassa. Nel 2017, secondo la nota di aggiornamento al Def, i proventi dalle vendite di immobili pubblici hanno raggiunto i 900 milioni. Una cifra lontana da quella che vorrebbe raccogliere il governo, quindi, che dovrebbe essere pari all'1% del Pil. Secondo i dati dell'Istat, nel 2017 in termini assoluti il prodotto interno lordo dell'Italia è stato pari a 1.716.238 milioni di euro.

Fonte : "Idealista"
Agenzia Immobiliare Farini 
059454227 

giovedì 15 novembre 2018

Eredità e Mutuo : cosa succede se il debito non è saldato ?

Eredità e mutuo: cosa succede se il debito non è saldato?


mutuo e successione 
Il caso che si può verificare è quello di un mutuo cointestato tra marito e moglie. Uno dei due coniugi viene a mancare: cosa succede al compagno e agli eventuali figli?
In caso di decesso dell’intestatario di un mutuo, come sempre accade, il debito si trasferisce agli eredi. Quindi, in presenza di marito e di figli, saranno questi a dover subentrare al pagamento del debito. Ora, può succedere che sia il coniuge superstite a volersi accollare di fatto tutto il pagamento (anche se formalmente sono cointestatari anche i figli), trattandosi magari di un finanziamento per la casa coniugale. Ma se dovesse capitare una disgrazia anche all’ultimo genitore rimasto, il pagamento dovrebbe ricadere per forza di cose sui figli, pena la perdita della casa una volta accumulato il canonico numero di rate non pagate. Partirebbe inoltre una segnalazione come cattivi pagatori a carico dei figli, che potrebbero così avere difficoltà a stipulare un altro mutuo per proprio conto.

Polizza caso morte e invalidità per il mutuo

Che fare, allora? Una soluzione potrebbe essere quella della stipula, da parte dei genitori cointestatari del mutuo, di una polizza che tuteli dal caso morte o invalidità permanente, al momento della stipula del mutuo. In questo modo, a fronte del premio pagato, la compagnia assicurativa può garantire, al verificarsi dell’evento, il capitale necessario ad estinguere il debito con la banca. In questo modo il debito non graverà sui familiari eredi.

Eredità con beneficio d'inventario: come funziona?

Un’altra soluzione, se non si è provveduto ad assicurare il mutuo, può essere accettare l’eredità con beneficio di inventario. Cosa significa? Le norme sulla successione stabiliscono che quando si accetta una eredità ci si accollino tanto gli attivi quanto i passivi del defunto. Può quindi capitare che i debiti superino l’ammontare del valore dell’eredità stessa: in questo caso per saldare il debito l’erede dovrebbe mettere mano al proprio patrimonio personale. Ciò può facilmente accadere in caso ci sia un mutuo in sospeso di cui saldare le rate.
Se quindi l’erede non intende rifiutare l’eredità in toto (potrebbe farlo, ma in questo modo dovrebbe rinunciare anche agli attivi), può quindi richiedere il beneficio d’inventario, regolato dall’articolo 490 del Codice Civile. Esso stabilisce che l’erede accetti tanto gli attivi quanto i passivi, ma, questi ultimi, solo nella misura in cui siano inferiori o uguali al valore degli attivi ereditati. In questo modo per saldare i debiti si userà solo il patrimonio ereditato dal defunto, e non quello personale dell’erede, che in questo modo non dovrà intaccare i propri beni personali. Male che vada, vedrà sfumare l’eredità ma nulla più.

Eredità con beneficio di inventario: come procedere

Ci sono alcuni casi in cui l’eredità con beneficio d’inventario è obbligatoria, in caso l’erede sia un soggetto debole da tutelare dai debiti del defunto: si tratta di minori, minori emancipati, interdetti, inabilitati, persone giuridiche, fondazioni, associazioni ed enti non riconosciuti. Non sono invece obbligate al beneficio d'inventario le società commerciali. L’atto va comunque compiuto esplicitamente dal rappresentante legale di questi soggetti, come in tutti gli altri casi in cui l’accettazione è solo facoltativa.
Per poter fare l’accettazione con beneficio d’inventario occorre procedere come da articolo 490 del Codice Civile, ovvero presentare una dichiarazione al notaio o cancelliere del Tribunale compente della zona in cui si è aperta la successione.
La dichiarazione va inscritta nel registro delle successioni dello stesso Tribunale.
Entro un mese la dichiarazione sarà trascritta dal Cancelliere presso l'Ufficio dei Beni Immobili competente; dopodiché l’erede potrà procedere al pagamento dei debiti. Mutuo compreso.

Da "Idealista" 
Agenzia Farini 
059 454227




giovedì 8 novembre 2018

Cedolare secca sugli affitti

Cedolare secca sugli affitti, quando si paga l’acconto.



Il 30 novembre scade il termine ultimo per il versamento della cedolare secca sugli affitti a titolo di acconto per il 2018. Il versamento in acconto della cedolare non è obbligatorio nel primo anno di applicazione della cedolare.
L’acconto per il 2018 è calcolato nella misura del 95% dell’importo indicato alla colonna “differenza” della dichiarazione per l’anno precedente ed è dovuto solo se il debito che risulta dalla dichiarazione alla colonna “differenza” supera 51,65 euro.
Può essere versato in due rate, a giugno e a novembre (quando l’importo complessivo sia pari o superiore a 257,52 euro), oppure in un’unica soluzione a novembre (quando l’importo complessivo sia inferiore a 257,52 euro).
Entro il 30 novembre va versata:
  • in caso di due rate, la seconda rata, nella misura del 60% del 95% della differenza dovuta per l’anno precedente;
  • in caso di unica soluzione, la rata nella misura del 95%.
Il versamento del secondo acconto non può essere rateizzato.
Il versamento deve essere effettuato con Modello F24, codice tributo 1841 (acconto seconda rata o unica soluzione).

Requisiti per cedolare secca sugli affitti

Come specificato dall’Agenzia delle Entrate, possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.
L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 - uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze, locate congiuntamente all’abitazione, oppure con contratto separato e successivo rispetto a quello relativo all’immobile abitativo, a condizione che il rapporto di locazione intercorra tra le medesime parti contrattuali, nel contratto di locazione della pertinenza si faccia riferimento al quello di locazione dell’immobile abitativo e sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l’unità abitativa già locata.
In caso di contitolarità dell’immobile l’opzione deve essere esercitata distintamente da ciascun locatore.
I locatori contitolari che non esercitano l’opzione sono tenuti al versamento dell’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di locazione loro imputabile in base alle quote di possesso. Deve essere comunque versata l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
L’imposta di registro deve essere versata per l’intero importo stabilito nei casi in cui la norma fissa l’ammontare minimo dell’imposta dovuta.
Il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.
L’opzione può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative, locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (Dl 47/2014).

Cedolare secca sugli affitti, l’aliquota

L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti. E’, inoltre, prevista un’aliquota ridotta pari al 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:
  • nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988);
  • nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Quando si applica la cedolare secca sugli affitti

E’ possibile optare per la cedolare secca sia all’atto della sottoscrizione del contratto sia alla scadenza del pagamento dell’imposta di registro in una qualsiasi delle annualità successive alla prima. L’opzione comporta l’applicazione delle regole della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto (o della proroga) o, nei casi in cui l’opzione sia esercitata nelle annualità successive alla prima, per il residuo periodo di durata del contratto.
Il locatore ha comunque la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata. Così come è sempre possibile esercitare nuovamente l’opzione, nelle annualità successive alla revoca, rientrando nel regime della cedolare secca.
La revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e comporta il versamento dell’imposta di registro, eventualmente dovuta.
In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. La conferma dell’opzione deve essere effettuata nel termine previsto per il versamento dell’imposta di registro, cioè entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga. In caso di risoluzione del contratto, l’imposta di registro non è dovuta se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca. Tuttavia, è necessario comunicare la risoluzione anticipata presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI debitamente compilato.

Cedolare secca sugli affitti, sublocazione e affitti brevi

Per quanto riguarda le sublocazioni del locatario, si è in presenza di redditi diversi, quindi di fattispecie estranee ai redditi fondiari. Per quanto riguarda le sublocazioni del comodatario, nel regime ordinario detti redditi sono imputati al reddito fondiario del proprietario e non del comodatario.
In merito alle locazioni brevi, i canoni devono essere dichiarati dal comodatario e l’opzione per la cedolare secca è ugualmente espressa da questi. Previa scelta da manifestarsi nella dichiarazione annuale, tali affitti sono tassati con la cedolare del 21%.
Secondo quanto stabilito dal decreto legge n. 50 del 2017, sono obbligati a tramettere i dati relativi ai contratti di locazione breve stipulati a partire dal 1° giugno 2017 coloro che esercitano attività di intermediazione immobiliare e coloro che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da affittare.
I soggetti interessati, che pagano o riscuotono i canoni/corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve, devono effettuare una ritenuta del 21% sull’ammontare complessivo dei canoni/corrispettivi ed effettuare i versamenti delle ritenute con il modello F24. I codici tributo da utilizzare sono contenuti nella risoluzione n. 88 del 5 luglio 2017. Nel caso in cui il beneficiario non eserciti in sede di dichiarazione dei redditi l’opzione per l’applicazione del regime della cedolare secca, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.
Da "Idealista"
Agenzia Farini
059 454227



Pace fiscale e tributi comunali sulla casa: come funzionerà il condono

Gtres



Lo stralcio dei debiti fino a 1.000 euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010 previsto dal decreto fiscale 2019 riguarda anche i tributi locali, quindi Imu, Tasi e Tari. Ma come funziona esattamente? E ci saranno conseguenze per i bilanci dei comuni? Secondo quanto sottolineato a idealista/news dal viceministro all'Economia, no “dal momento che per il fondo crediti dei comuni si considerano gli ultimi 5 anni, escludendo quindi i crediti fiscali espressi nelle cartelle del periodo 2000-2010”.

Pace fiscale Imu, Tasi, Tari fino a 1.000 euro

Il decreto fiscale 2019 ha introdotto la cosiddetta “pace fiscale”, all’interno della quale si trova lo stralcio dei debiti fino a 1.000 euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010. Una sanatoria in cui rientrano le cartelle di pagamento di Imu, Tasi e Tari.
Secondo quanto previsto, “i debiti di importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010” verranno annullati automaticamente. Questo significa che non si dovrà presentare alcuna domanda, la cancellazione del debito avverrà in modo automatico entro il 31 dicembre 2018.
Per sapere se si rientra nella sanatoria sarà necessario verificare quindi che i debiti fino a 1.000 euro siano stati affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 e che l’importo - comprensivo di capitale, interessi e sanzioni - dei singoli ruoli sia inferiore a 1.000 euro.
Le somme versate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto restano definitivamente acquisite.
Le somme versate alla data di entrata in vigore del decreto fiscale sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nella definizione agevolata anteriormente al versamento, oppure a debiti scaduti o in scadenza. In assenza di debiti scaduti o in scadenza sono rimborsate.

Sanatoria tributi locali, possibili conseguenze sui bilanci dei Comuni?

La misura ha messo in allarme i Comuni italiani, che si sono detti preoccupati per l’impatto che lo stralcio dei debiti fino a 1.000 euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010 potrebbe avere sui bilanci. A tranquillizzare su tale punto è stato il viceministro dell’Economia.
Nel dettaglio, interpellato da idealista/news, il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, ha spiegato: “Non ci sarà alcuna conseguenza del genere, dal momento che per il fondo crediti dei comuni si considerano gli ultimi 5 anni, escludendo quindi i crediti fiscali espressi nelle cartelle del periodo 2000-2010. E poi perché in quel lasso di tempo, senza incassi effettivi, i comuni erano obbligati a svalutare”.

Testo decreto fiscale 2019, lo stralcio dei debiti fino a 1.000 euro

Il testo del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria” è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.247, del 23 ottobre 2018. All’articolo 4 si parla proprio dello “Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010”.
Ecco quanto previsto:
1. I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati. L'annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili. Ai fini del conseguente discarico, senza oneri amministrativi a carico dell’ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione trasmette agli enti interessati l’elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all’allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
2. Con riferimento ai debiti di cui al comma 1:
a) le somme versate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto restano definitivamente acquisite;
b) le somme versate dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nella definizione agevolata anteriormente al versamento, ovvero, in mancanza, a debiti scaduti o in scadenza e, in assenza anche di questi ultimi, sono rimborsate, ai sensi dell’articolo 22, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. A tal fine, l’agente della riscossione presenta all’ente creditore richiesta di restituzione delle somme eventualmente riscosse dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2018, riversate ai sensi dello stesso articolo 22 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In caso di mancata erogazione nel termine di novanta giorni dalla richiesta, l’agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.
3. Per il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate ai sensi del comma 1, concernenti i carichi erariali e, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000-2013, quelli dei comuni, l’agente della riscossione presenta, entro il 31 dicembre 2019, sulla base dei crediti risultanti dal proprio bilancio al 31 dicembre 2018, e fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, apposita richiesta al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il rimborso è effettuato, a decorrere dal 30 giugno 2020, in venti rate annuali, con onere a carico del bilancio dello Stato. Per i restanti carichi tale richiesta è presentata al singolo ente creditore, che provvede direttamente al rimborso, fatte salve anche in questo caso le anticipazioni eventualmente ottenute, con oneri a proprio carico e con le modalità e nei termini previsti dal secondo periodo.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai debiti relativi ai carichi di cui all’articolo 3, comma 16, lettere a), b) e c), nonché alle risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e all’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione.


Fonte : “Idealista”
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