Accertamento
Agenzia Entrate per vendita
immobile
Quali
sono i controlli che l’Agenzia delle Entrate può effettuare sulle
compravendite immobiliari? E come è possibile difendersi?
Hai
venduto un immobile oppure hai intenzione di farlo? Sai che questa
operazione potrebbe finire sotto la lente d’ingrandimento
dell’Agenzia delle Entrate? L’Ufficio potrebbe, per esempio,
indagare sul prezzo indicato nell’atto di vendita se ritenuto non
congruo al valore di mercato dell’immobile. Se l’operazione sarà
ritenuta antieconomica, infatti, rischierai che ti venga notificato
un avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione
Finanziaria presumerà un giusto prezzo dell’immobile che hai
venduto chiedendoti, così, il pagamento dell’imposta di registro
proporzionale calcolata sulla differenza tra il prezzo determinato in
sede di accertamento e quello indicato nell’atto di vendita.
L’Agenzia delle Entrate, poi, ci aggiungerà sanzioni ed interessi.
Oppure,
se hai venduto un immobile che hai comprato o ricevuto in donazione
nei cinque anni precedenti, e che non hai adibito ad abitazione
principale, l’Agenzia delle Entrate potrebbe accertare l’esistenza
di eventuali guadagni che non hai provveduto a tassare. In tal caso,
con l’avviso di accertamento che ti potrebbe essere notificato, ti
sarà richiesto il pagamento dell’Irpef sulla differenza tra il
prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto oltre, ovviamente, alle
sanzioni ed agli interessi.
Ma
procediamo con ordine ed esaminiamo nel dettaglio le varie tipologie
di accertamento
che
Agenzia
Entrate può
effettuare sulla vendita
di
un immobile,
i termini entro cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare tali
controlli e quando è possibile difendersi da tali accertamenti, e
come farlo.
Indice
Accertamento
di rettifica del prezzo
Sai
che l’Agenzia delle Entrate può rettificare il prezzo
dell’immobile che hai indicato nell’atto di vendita? Alla base di
tale tipologia di accertamento c’è, solitamente, uno scostamento
del prezzo indicato nell’atto di vendita dai cosiddetti valori
OMI.
Essi costituiscono delle quotazioni immobiliari fornite
dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare
e sono un utile strumento per gli operatori del settore immobiliare,
per i privati ma anche per le pubbliche amministrazioni.
Si
tratta, comunque, di un elemento che ha carattere indiziario e che,
perciò, da solo, non può essere sufficiente per mettere in
discussione quanto è stato dichiarato dal venditore e
dall’acquirente in un atto pubblico.
L’Agenzia
delle Entrate, perciò, avrà bisogno di altri elementi che possano
supportare un controllo relativo al prezzo della vendita di un
immobile. Potrebbe, ad esempio, utilizzare delle risultanze di una
indagine bancaria da cui emergano eventuali incassi o pagamenti non
dichiarati. Oppure potrebbe utilizzare una scrittura o un foglio con
annotazioni, fatte dalle parti, che indichino un diverso prezzo
rispetto a quello dichiarato.
Un
altro strumento che potrà utilizzare l’Agenzia delle Entrate per
verificare se il prezzo che hai indicato nell’atto di vendita è
congruo sarà la comparazione con i prezzi di altri immobili che si
trovano, per esempio, nello stesso quartiere dell’immobile oggetto
della vendita e che hanno magari, apparentemente, le stesse
caratteristiche dell’appartamento che hai venduto. Accade anche
che, per esempio, l’Agenzia delle Entrate utilizzi come termine di
paragone i prezzi indicati dalle agenzie immobiliari.
L’avviso
di accertamento
Cosa
succederà, quindi, se l’Agenzia delle Entrate riterrà il valore
dell’immobile che hai venduto superiore a quello che hai
dichiarato? Quasi certamente ti notificherà, per posta oppure
tramite ufficiale giudiziario, un
avviso di accertamento.
Con questo atto, che sarà notificato anche all’acquirente in
quanto solidalmente responsabile, l’ufficio oltre a richiederti il
pagamento delle imposte sulla differenza di valore accertata,
provvederà ad applicarti delle sanzioni.
La legge, in proposito, prevede una sanzione che va dal 100% al 200%
della maggiore imposta accertata [1].
Come
difendersi da un accertamento di valore
Se
hai ricevuto un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle
Entrate ha rettificato
il valore di un immobile
che hai venduto ed esso si fonda esclusivamente su elementi di
carattere indiziario come, per esempio, lo scostamento dai valori OMI
oppure la comparazione con appartamenti similari, potrai comunque
presentare, entro 60 (sessanta) giorni dalla notifica, ricorso
davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente. Dovrai
dimostrare, però, che il prezzo che tu e l’acquirente avete
indicato nell’atto di vendita corrisponde all’effettivo valore
dell’immobile. Lo potrai fare, per esempio, con l’ausilio di una
perizia
redatta da un tuo tecnico di fiducia.
Potrai dimostrare che l’immobile al momento della vendita era in
pessime condizioni documentando, per esempio, che esso era privo di
impianto elettrico a norma, oppure privo di un impianto idrico o
fognario.
Potrai
dimostrare, con l’ausilio del perito, che l’immobile, al momento
della cessione, per esempio, doveva essere in gran parte
ristrutturato e che, magari, i lavori di
ristrutturazione sono stati effettuati
subito dopo la vendita.
Sarà
poi la
Commissione
Tributaria
ad avere l’ultima parola ed a decidere con sentenza se, con le
prove prodotte in giudizio, sei riuscito a dimostrare che il prezzo
indicato nell’avviso di accertamento, e determinato
presuntivamente, non corrisponde al valore venale in comune
commercio, come previsto dalla Legge.
Criterio
del prezzo/valore
Esiste
però un modo per evitare i controlli dell’Agenzia delle Entrate
sul prezzo dell’immobile che hai venduto e che hai dichiarato
nell’atto di vendita. Potrai evitare di ricevere un avviso di
accertamento in rettifica del prezzo utilizzando, al momento della
vendita, il
criterio
del prezzo-valore
[2].
Tale metodo consente di tassare la vendita degli immobili a
prescindere dal corrispettivo dichiarato. In tal caso dovrai comunque
indicare nell’atto il prezzo della vendita ma la tassazione si
baserà sul valore
catastale
dell’immobile
e si calcolerà moltiplicando la rendita
catastale,
rivalutata del 5%, per 120.
Facciamo
un esempio.
Ipotizziamo
di vendere un appartamento al prezzo di 120.000 euro e che tale
appartamento abbia una rendita catastale di 700 euro. Applicando il
metodo del prezzo-valore e moltiplicando quindi 700 x 1,05 x 120
avremo una base imponibile di 88.200 ed un’imposta di registro da
versare di 7.938,00 euro (il 9% di 88.200). Non applicando, invece,
il criterio del prezzo – valore l’imposta di registro da pagare
sarà pari ad € 10.800 (il 9% di 120.000).
Questo
metodo del prezzo-valore, decisamente più conveniente, può essere
utilizzato solo per le compravendite tra privati e solo se
l’acquirente lo avrà espressamente richiesto al notaio al momento
della stipula dell’atto di vendita. Il suo utilizzo, previsto dalla
legge, consentirà all’acquirente ed al venditore di non essere
sottoposto ad accertamenti in rettifica del prezzo dell’immobile
venduto/acquistato da parte dell’Agenzia delle Entrate in materia
di imposta di registro, ipotecaria e catastale e darà diritto, in
sede di stipula, ad una riduzione del 30% delle spese notarili.
Accertamento
della plusvalenza da cessione di immobile
Se
hai deciso di vendere un immobile che hai acquistato negli ultimi
cinque anni e che non hai utilizzato come prima abitazione la legge
prevede che sia tassato il guadagno derivante dalla vendita [3].
Il
guadagno che la legge ritiene, in tal caso, frutto di un’operazione
prettamente speculativa,
è la differenza tra il prezzo incassato con la vendita di un
immobile ed il prezzo pagato per il suo acquisto. Tale
principio si applicherà anche se l’immobile che hai deciso di
vendere ti è stato donato. In tal caso, però, i cinque anni
inizieranno a decorrere da quando l’immobile è stato acquistato da
colui che ha fatto la donazione.
La
tassazione della plusvalenza
Se
sussistono le condizioni elencate nel paragrafo precedente, ed hai
guadagnato dopo aver venduto un immobile (plusvalenza)
potrai scegliere di pagare un’imposta
sostitutiva con aliquota secca al 20%.
Potrai usufruire di tale regime fiscale vantaggioso richiedendolo
espressamente al notaio al momento della stipula dell’atto.
Scegliendo questa opzione, potrai pagare l’imposta direttamente al
notaio che, svolgendo le funzioni di sostituto d’imposta, verserà,
per tuo conto, all’Erario. Con il pagamento
dell’imposta sostitutiva
con aliquota secca del 20%, decisamente più conveniente, la vendita
dell’immobile non potrà essere oggetto di controlli da parte
dell’Agenzia delle Entrate.
Nel
caso in cui, invece, non si scegliesse, al momento della stipula
dell’atto, di pagare l’imposta sostitutiva con aliquota secca al
20%, la plusvalenza sarà inserita nella dichiarazione dei redditi e
tassata secondo le aliquote previste per i vari scaglioni Irpef e
quindi a partire dallo scaglione più basso del 23%.
Termini
per l’accertamento sulla plusvalenza immobiliare
Se
non hai scelto di pagare l’imposta sostitutiva e non hai inserito
la plusvalenza nella tua dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle
Entrate potrà richiederti il pagamento dell’imposta non pagata
applicandoti, però, le sanzioni previste dalla legge.
L’avviso
di accertamento potrà esserti notificato dall’Agenzia delle
Entrate entro, e non oltre, il 31 dicembre del quinto anno successivo
alla presentazione della dichiarazione in caso di corretta
presentazione della stessa. Il termine sarà, invece, del 31 dicembre
del settimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere
presentata la dichiarazione nel caso di omessa dichiarazione.
Riepilogando,
nel caso in cui dopo aver ceduto un immobile, acquistato nei
precedenti cinque anni, non provvedessi a sottoporre a tassazione il
guadagno (o con l’imposta sostitutiva al 20% oppure in
dichiarazione secondo le aliquote Irpef) tale operazione, considerata
speculativa, potrà essere oggetto di accertamento da parte
dell’Agenzia delle Entrate nei termini suindicati.
note
[1]
Art. 71 D.P.R. n. 131 del 1986.
[2]
L. n. 266 del 2005.
[3]
Art. 67 T.U.I.R.
Fonte
: “ La Legge per tutti “
Agenzia
Immobiliare Farini
059454227