Il 3D Printing è pronto a rivoluzionare il mondo dell’edilizia residenziale. In questi ultimi giorni si è parlato della prima casa stampata in 3D in Germania, a Beckum, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, grazie al cemento frutto della ricerca italiana di Italcementi. Una vera e propria pietra miliare per il mondo delle costruzioni. Ma in Italia è possibile realizzare un progetto del genere? Per trovare una risposta a questa domanda, idealista/news ha interpellato Massimo Borsa, responsabile dei laboratori di innovazione di Italcementi, il quale ha illustrato le potenzialità di questa tecnologia e ha spiegato qual è la strada da percorrere.
Prima di dare la parola al responsabile dei laboratori di innovazione di Italcementi, vediamo meglio cosa sta accadendo in Germania. A Beckum, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, è in fase di realizzazione la prima casa stampata in 3D grazie alla ricerca italiana di Italcementi.
L’edificio in questione è una casa indipendente su due piani con una superficie abitabile di circa 80 m2 per piano e composta da pareti a tre strati riempite di mescola isolante. Come indicato da una nota, “il materiale ad alta tecnologia ‘i.tech 3D’ è stato sviluppato nel centro ricerca di Italcementi a Bergamo, specificamente per la stampa 3D, ed è adatto per un uso versatile con diversi tipi di stampanti”. La stampa della casa di Beckum è stata affidata a PERI, uno dei produttori principali di casseforme e di sistemi per impalcature nel settore delle costruzioni. Ma ecco cosa ha spiegato a idealista/news Massimo Borsa, responsabile dei laboratori di innovazione di Italcementi.
Che cos’è il 3D Printing?
“Il 3D Printing è una tecnologia che si prefigge di realizzare oggetti, manufatti, strutture – a prescindere quindi dal materiale utilizzato – attraverso una tecnologia che permette di andare a posizionare il materiale esattamente dove è stato stabilito dal progetto, senza ulteriori aggiunte. Il 3D Printing è parte delle tecnologie che vanno sotto il nome di ‘additive manufacturing’, il che significa che per ottenere la forma finale il materiale viene depositato a strati successivi, l’uno sopra l’altro. Con la ‘additive manufacturing’ e con il 3D Printing è possibile disegnare l’oggetto e realizzarlo direttamente in loco, così come lo si vuole”.
Quando si è cominciato a parlare di 3D Printing?
“Il 3D Printing è una tecnologia presente nel mondo da almeno una cinquantina di anni, ma in settori diversi da quello dell’edilizia e delle costruzioni in generale. C’è una grande storia relativa all’uso di macchine di stampa 3D all’interno di settori metalmeccanici e soprattutto di tipo polimerico e biomedico. Negli ultimi 10-15 anni il 3D Printing si è affacciato anche al mondo delle costruzioni, in particolare a quello cementizio. Italcementi ha iniziato a guardare maggiormente a questa tecnologia come prospettiva effettivamente utile da studiare dal 2015. Abbiamo quindi creato un team dedicato allo studio di questa tecnologia e del materiale cementizio adatto da sviluppare per poter essere al meglio utilizzato da tutte le diverse tecnologie di 3D Printing”.
In Germania è stata costruita la prima casa stampata in 3D grazie alla ricerca di Italcementi proprio su questa tecnologia. Si tratta di un punto di svolta?
“Sì, perché con la casa che stiamo realizzando in Germania con la tecnologia di stampa 3D in calcestruzzo di fatto si è data evidenza della possibilità concreta di costruire un edificio da adibire ad abitazione, con tutti i permessi necessari. Si tratta solo del primo caso, ne faremo altri. Si può dunque affermare che siamo a un punto di svolta. Il prossimo passo è creare educazione, formare e trasferire la conoscenza al mondo delle costruzioni e alle imprese informando sulle certezze, e fornendo la tranquillità e le esperienze necessarie per poter far sì che tutti comincino a verificare l’opportunità di fare le case anche con questa tecnologia”.
In Italia è possibile realizzare una casa in 3D?
“In Italia, come in quasi tutte le parti del mondo, è possibile realizzare una casa con questa tecnologia. Quando all’interno del nostro settore si introduce una nuova tecnologia, è necessario andare per passi e processi di approvazione, di formazione ed educazione di tutte le figure del mercato, dal progettista all’utilizzatore finale, passando per chi ha compiti di tipo approvativo e di certificazione. Non ci sono preclusioni per poterla utilizzare già oggi. Tanto è vero che nel 2018 per Italcementi è stato possibile fare un’esperienza a Milano. In occasione della Milano Design Week 2018, abbiamo realizzato il progetto ‘3D Housing 05’ dell’arch. Massimiliano Locatelli a piazza Cesare Beccaria. Una casa reale, ma costruita solo per motivi espositivi. Di fatto, però, per poterla realizzare abbiamo messo in atto tutte le procedure necessarie con il Comune e gli attori coinvolti. Quello che serve in Italia è una spinta all’imprenditoria e anche qualche persona lungimirante, come abbiamo sempre avuto, che ci creda e abbia la visione nelle tecnologie innovative, e cominci a sperimentare nuove forme di business anche nel nostro Paese”.
Quali sono ad oggi i passi da seguire per poter realizzare una casa in 3D?
“Per una casa realizzata in 3D è importante seguire la filiera dei permessi, così come avviene per la realizzazione di una casa in maniera tradizionale. Ovviamente, nel caso delle abitazioni in 3D, la non conoscenza di cosa significhi progettare e stampare in 3D una casa porta a una giusta e corretta richiesta di approfondire gli aspetti tecnici e di garanzia di quello che sarà poi il progetto finale. Proprio come è accaduto in Germania. Anche in Italia spesso si lavora con le università le quali, in qualità di enti terzi e garanti, permettono di fare le azioni del caso necessarie a verificare la possibilità di trasferire sul mercato reale gli sforzi che le aziende hanno fatto, confermando il rispetto dei canoni normativi vigenti. Questi processi, necessari per i progetti pioneristici, faranno da caso studio di riferimento per quelli successivi.
Già da un po’ di tempo Italcementi sta lavorando con alcuni partner universitari, in particolare con l’Università di Napoli e con la start-up innovativa che si chiama Etesias, a quelli che sono gli aspetti molto sfidanti relativi alla realizzazione di strutture ed infrastrutture in calcestruzzo con questa tecnologia, oltre che all’aggiornamento delle normative di settore che devono introdurre nei loro codici anche la tecnologia di stampa 3D. Si tratta di un processo di medio periodo, fatto un passo alla volta, ma che permette già oggi di cominciare a formare le nuove leve – i nuovi ingegneri e i nuovi architetti – che possono trovare in diverse parti del mondo formazioni e informazioni utili per prepararsi anche su queste tecnologie innovative”.
C’è interesse in Italia verso questo tipo di costruzioni?
“In questi anni, in Italia, abbiamo avuto persone e imprese interessate a capire se è possibile utilizzare questa tecnologia per realizzare le case. Questo tipo di richieste adesso si è intensificato. Ma l’interesse non è legato solo al fattore novità, è legato soprattutto ai valori e alle prospettive che questa tecnologia e i materiali ad essa associati possono offrire: avere qualcosa di più rapido e di adattato alle esigenze o agli interessi della persona. Si può infatti provare ad adattare quello che il cliente desidera come progetto finale alle prescrizioni legate agli aspetti tecnici che bisogna sempre rispettare. C’è più flessibilità sia sul materiale che sulla realizzazione finita”.
Quali sono i vantaggi delle case stampate in 3D?
“La rapidità, ma soprattutto la flessibilità, che è uno dei valori principali di questa tecnologia e di questo prodotto. Un altro valore fondamentale è rappresentato dalla sostenibilità, grazie all’uso consapevole dei materiali utilizzati, nel rispetto delle normative, ma senza usarne in eccesso. E’ possibile arrivare ad avere fino al 50% in meno di materiale totale per realizzare una casa e stiamo verificando con le università e gli enti di ricerca e programmi internazionali che, a casa finita, si riescono ad avere risparmi di CO2 attorno al 50%”.
Ci sono degli svantaggi?
“Il primo svantaggio è dato dal fatto che bisogna colmare l’attuale 'gap' educativo, dall’ingegnere fino alla maestranza più importante, che è quella che permette di fare materialmente l’opera. Legato a questo ci sono gli step di approfondimento per gli iter approvativi, che necessitano di una maggiore attenzione iniziale, e il tema legato agli investimenti iniziali che alcune imprese, che già hanno il loro metodo tradizionale, devono pensare di fare per riconvertirsi e adoperare anche questa tecnologia. La valutazione degli investimenti è meno impegnativa per le nuove società, o le piccole start-up molto innovative, che partono da zero. Un ulteriore svantaggio è che oggi questa tecnologia non è pronta per fare tutto. Chiaramente non abbiamo evidenze e non sappiamo se riuscirà ad essere adoperata anche per le grandi costruzioni, non tanto a livello tecnologico quanto a livello di costo/beneficio. Ma per il mercato delle case – dalle villette a schiera alle abitazioni a due/tre/quattro piani – abbiamo verificato che questa tecnologia è assolutamente fattibile e competitiva”.
Il 3D Printing rappresenta una sorta di rivoluzione?
“Fa decisamente parte della rivoluzione che stiamo vivendo negli ultimi periodi, dove la digitalizzazione, in cui rientra anche il 3D Printing, sta cambiando il modo di pensare, ragionare e approcciare anche a settori molto conservativi. Si stanno aprendo nuovi scenari. In tempi brevi, il 3D Printing sta facendo passi da gigante rispetto ad altre tecnologie sempre innovative, ma che hanno dinamiche più lente. Il 3D Printing può rivoluzionare il modo di costruire sostenibile. La possibilità di costruire in maniera modulare, ad esempio, permette di andare sui cantieri in modo più sicuro. Ecco quindi che la sicurezza del cantiere è un altro vantaggio molto importante. E’ possibile andare in cantiere per fare solo ciò che serve come stabilito nel progetto. Non c’è infatti quasi alcuna differenza tra quella che è la fase progettuale rispetto a quello che viene realizzato. Anche le modifiche possono essere fatte rapidamente senza grandi impegni, anche economici, rispetto a quello che normalmente una modifica può causare nel processo tradizionale”.
Una riflessione sulle tempistiche. Tornando al progetto di Beckum, quali sono i tempi di realizzazione?
“Il progetto, a livello di stampa 3D, si è chiuso in poche settimane con il completamento delle parti in muratura, sia strutturali che non strutturali. Si è partiti con la prima pietra a fine settembre. Il completamento della casa – con arredi, isolamenti, parte elettrica e anche certificazioni – è previsto entro febbraio 2021. Un fatto interessante è che già mentre si stampa si decide dove ad esempio devono passare determinati cavi e tubazioni. Questo permette di non perdere tempo successivamente e di non avere lavorazioni che sono solitamente meno utili da un punto di vista della sicurezza e creano scarti di materiale, che poi deve essere smaltito. Il cantiere ha infatti degli scarti bassissimi. Meno del 5% del materiale totale utilizzato va ad essere scartato. Si tratta dunque di un cantiere pulito e che soprattutto non produce materiale di risulta”.
Ci sono altri progetti allo studio o in via di realizzazione per quanto riguarda gli edifici residenziali?
“Sì, sempre in Germania abbiamo una seconda casa molto simile a quella che si sta realizzando a Beckum, ma in un altro Land, verso la Baviera. In questo caso, il processo per l’approvazione da parte del Land è avvenuta in modo più semplice e veloce, grazie all’esperienza precedente di Beckum, ed è iniziato il percorso. Italcementi ha già fornito il materiale anche per questa seconda casa, oltre che il servizio di consulenza. Poi abbiamo ricevuto un paio di contatti importanti in Italia, al Nord e al Sud, dove ci sono degli interessi per verificare la possibilità di mettere su la stessa cordata per poter realizzare questo tipo di esperienza di casa l’anno prossimo anche nel nostro Paese”.
Quali sono le potenzialità e qual è il futuro della stampa 3D in ambito edilizio?
“Il presente a medio termine è consolidare la prospettiva di fare entrare il 3D Printing sempre di più nel mondo del mercato delle case, del building. E poi passare a livelli un pochino più sfidanti, prendendo in considerazione le infrastrutture e il mondo della prefabbricazione in calcestruzzo pesante. Questo permetterebbe alle imprese di valutare gli investimenti in un’ottica più ampia, riducendo anche l’incidenza della realizzazione della singola casa con il 3D Printing. E poi la sfida futura definitiva è quella di arrivare ad avere anche tutti gli aspetti normativi, dei codici, dove anche ingegneri, architetti e maestranze hanno, anche grazie alla dovuta formazione, il 3D Printing come alternativa concreta e nota da poter utilizzare”.