venerdì 21 luglio 2017

Mediazione civile obbligatoria: perché nell’affitto la conciliazione non decolla


Tra i fattori principali l’esclusione delle controversie per sfratto, le più numerose, e la scarsa efficacia della gestione stragiudiziale delle liti



Dopo 3 anni dalla reintroduzione dell’obbligo di conciliazione in svariati settori, tra i quali la locazione, il comodato, il condominio, la diffusione dei meccanismi di mediazione civile non sembra prendere piede quanto potrebbe. Un’analisi di questo utile, ma migliorabile, strumento di gestione stragiudiziale delle controversie nel settore dell’affitto.

Innanzitutto una premessa importante: ma non vi occupate di affitto, su Blogaffitto.it?
Ebbene sì. Ma, proprio perché parliamo del mondo dell’affitto e perché questo ambito è per propria natura oggetto di (più o meno frequenti) dispute tra locatore e conduttore, più volte ci siamo trovati a discutere di mediazione civile.
Chiunque, proprietario o inquilino, sia dovuto ricorrere negli ultimi anni ad un avvocato per liti con la controparte (purché queste non fossero legate ad un procedimento di sfratto), sicuramente si sarà dovuto confrontare con la necessità di ricorso preliminare ad un tentativo di mediazione civile, prima di arrivare davanti al giudice.
Pensiamo ai casi più classici, quali ad esempio la mancata o parziale restituzione del deposito cauzionale al termine dell’affitto, le controversie legate alla durata del contratto di locazione, ma anche le liti di condominio, che - pur non essendo tecnicamente riconducibili alla locazione - coinvolgono da vicino tantissimi conduttori.
Comunque sia, per chi non sapesse esattamente cos’è la mediazione civile, quali costi prevede, quali vantaggi comporta e come viene gestita questa fase di gestione delle controversie, forniamo il link al breve vademecum che il Ministero della Giustizia mette a disposizione sul proprio sito.

Mediazione civile: oltre quota 150.000 procedimenti solo grazie all’obbligatorietà. La storia e i numeri di questo strumento giuridico


Veniamo al dunque, riprendendo e pubblicando questa interessante statistica elaborata dal Ministero della Giustizia, che fornisce i dati relativi alle mediazioni civili iscritte dal 2011 al 2016.
Per una più comoda interpretazione dei risultati abbiamo indicato anche, sul grafico, le importanti innovazioni giuridiche che hanno impattato sul ricorso alla conciliazione camerale per le controversie civili e commerciali.
Come evidente, l’impatto della legislazione è stato fondamentale per alimentare il ricorso alla mediazione civile, fondamentale strumento di ADR (Alternative Dispute Resolution) nel nostro paese.
Se infatti si vuole velocizzare i tempi del processo civile e sgravare il comparto della giustizia dal pesante fardello dei procedimenti arretrati, rendere sistematico il ricorso a meccanismi di conciliazione extra-giudiziali è stata sicuramente una mossa sensata.
Questa la ratio alla base dell’introduzione, tramite il D.Lgs. 4 marzo 2010, n° 28 (entrato in vigore a marzo dell’anno successivo), dell’obbligo di preliminare gestione delle controversie tramite un mediatore civile, con riferimento ad una serie di materie civilistiche ben determinate.
Annoveriamo tra le fattispecie principali assoggettate ad obbligo di mediazione preventiva: il condominio, i diritti reali, la locazione, il comodato, l’affitto d’azienda, la successione ereditaria, i contratti bancari, finanziari e assicurativi, le cause legate a risarcimenti del danno in ambito medico o per diffamazione.
Una serie di tematiche sottoposte ad obbligo di preventivo tentativo di conciliazione tanto ampie e frequenti che avevano comportato un aumento di circa 2 volte e mezzo di mediazioni civili iscritte dal 2011 al 2012: da 60mila a 155mila procedimenti.
L’inatteso stop della Corte Costituzionale, che ad ottobre 2012 dichiarò illegittimo l’obbligoistituito due anni prima per difetto di delega del Decreto Legislativo fece tornare i procedimenti soggetti a mediazione – a questo punto esclusivamente volontari - ad una quota poco più che residuale: appena 41mila nel 2013.
Segno che durante l’anno di obbligatorietà per una molteplicità di ambiti giuridici la mediazione civile non era riuscita a fare breccia nel cuore degli italiani.
Il ripristino dell’obbligatorietà, tramite il Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, non ha fatto altro che “drogare” nuovamente il ricorso alla conciliazione stragiudiziale, riportandola sui livelli a cui, con ogni probabilità, è destinata ad assestarsi d’ora in avanti: tra le 180mila e le 200mila iscrizioni ogni anno.

Controversie sulla locazione: perché la gestione extra-giudiziale delle liti funziona poco e male


La tematica a noi più cara, la locazione, pesa per un 12% del totale delle controversie passate da mediazione civile nel 2016 (21.397 rispetto alle complessive 183.977 conciliazioni iscritte).
Un numero relativamente basso, se si pensa al fatto che oltre 4,4 milioni di famiglie in Italia vivono in affitto. Ma anche tenendo presente un assioma innegabile: nell’affitto le occasioni di scontro tra proprietario e inquilino non mancano di certo!
Perché dunque il ricorso alla mediazione civile, pur obbligatoria per la locazione, è tanto esiguo?
Difficile rispondere. Ci proviamo mettendo sul piatto due fattori che potrebbero fornire una spiegazione plausibile, oltre che uno spunto di riflessione per migliorare e rendere più efficace questo sistema di gestione extra-giudiziale delle controversie.

1) I procedimenti più numerosi e più complessi, gli sfratti, sono esclusi dalla mediazione civile


Il legislatore ha deciso di escludere dai procedimenti oggetto di conciliazione obbligatoria gli sfratti.
Decisione senz’altro opportuna, dato che non si tratta solo di questioni economiche legate al contratto di locazione, bensì di decisioni con un forte impatto sulle condizioni abitative delle famiglie in affitto.
Certo è che l’esclusione in oggetto fa sì che rimangano passibili di mediazione civile una quota del tutto minoritaria di controversie legate alla mediazione: dispute legate al deposito cauzionale e risarcimento dei danni all’immobile rimangono, con tutta evidenza, tra le poche controversie che possano essere in questo modo risolvibili.
Utile, quindi, ma molto limitata l’applicazione della mediazione civile al settore degli affitti, se pensiamo che ad oggi sono poco più di 21 mila i casi di esperimento di tentativo di conciliazione legati alla locazione, mentre gli sfratti emessi dal tribunale – esclusi dall’obbligatorietà di conciliazione – ammontano a più del triplo (64.676 sfratti nel 2015, quasi il 90% dei quali dovuti a morosità dell’inquilino, la parte restante dovuta a necessità del locatore o a finita locazione).

2) La diffidenza verso sistemi extra-giudiziali, ma anche la scarsa efficacia dimostrata, incentivano a trovare soluzioni alternative


È vero, sono tante le cause civili in Italia. Ma, nella locazione, potrebbero a tutti gli effetti essere molte, molte di più. La locazione fa emergere, al di là del pagamento del canone di affitto, tutta una serie di piccole o grandi liti tra locatore e conduttore:
• Pensiamo al già citato deposito cauzionale e alle classiche dispute di fine locazione su quanto sia corretto che il proprietario lo trattenga in tutto o in parte a causa dei danni all’immobile (dovuti all’usura o a cattiva manutenzione dell’inquilino?)
• Pensiamo ai diritti e doveri reciproci di locatore e conduttore, in particolare, alle numerosissime liti che emergono quando il locatore si rifiuta di effettuare riparazioni urgenti e necessarie per la salubrità, la sicurezza e la tranquillità dell’inquilino.
• Pensiamo ai numerosi casi in cui il contratto di locazione abbia al proprio interno clausole (ad esempio la durata) non conformi a quanto la legge preveda: tipico il caso di contratto di locazione transitorio di pochi mesi o di un anno, privo di un’esigenza reale di transitorietà tra quelle che la legge tassativamente richiede.
Eppure, molte di queste cause non vengono neppure intentate. Perché?
Scatta, probabilmente, una valutazione che coinvolge componenti a metà tra la psicologia e il calcolo di convenienza. Meglio evitare di procedere con l’avvocato nei confronti del mio padrone di casa / inquilino: piuttosto mi adatto alla situazione così com’è ed evito il rischio di buttare via soldi, tempo e scocciatura.
E in questo, neppure la mediazione civile viene vista come una soluzione valida, nonostante la riduzione dei costi che essa comporta. Il motivo è semplice:
- è poco conosciuta, innanzitutto, e sconta la diffidenza, per chi ne viene a conoscenza a causa dell’obbligo, tipica di uno strumento nuovo e percepito come una burocrazia aggiuntiva, piuttosto che come un’opportunità di soluzione low-cost e in tempi brevi
- ma anche, va detto, ha una scarsa efficacia: grazie alla conciliazione raramente trovano soluzione le controversie, le quali finiranno comunque, spesso, davanti ad un giudice. Le statistiche di un articolo di qualche tempo fa confermano quello che è in parte un pregiudizio, ma in parte anche un dato di fatto.
Avviene quindi, molto spesso, che se la disputa sul deposito cauzionale è di importo limitato il proprietario si accontenti di trattenere il deposito cauzionale, oppure l'inquilino malvolentieri accetti la solo parziale (o nulla) restituzione del deposito cauzionale versato. Allo stesso modo, di rado gli inquilini si armano di avvocato per contestare un abuso legato alla non corretta tipologia contrattuale (es: un contratto di affitto transitorio privo di reale causa di transitorietà, oppure un contratto a canone concordato ma con canone fissato in maniera arbitraria dal padrone di casa, senza tenere conto dei valori degli accordi territoriali).
Si preferisce magari dare disdetta e andarsene dall'immobile, cercando un'altra sistemazione, piuttosto che cercare di ricorrere alla giustizia -o a sistemi extragiudiziali come la mediazione civile- per vedere riconosciuti i propri diritti.

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