Abbiamo affrontato la questione delle conseguenze per il locatore che ometta o ritardi la registrazione del contratto di locazione, anche alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale che avevano, come si ricorderà, dichiarato incostituzionale sia la norma (art. 3 commi 8 e 9 del D.L. vo n.23/2011) secondo cui la mancata registrazione del contratto nei termini di legge (30 giorni) comportava una riduzione del canone di locazione a favore del conduttore equivalente al triplo della rendita catastale, sia la norma emanata successivamente (art.5 comma 1 ter della L.80/2014 del 23.05.2014) che faceva salvi fino alla data del 31 dicembre 2015 i medesimi effetti.
Allora ci si era domandati cosa sarebbe successo concretamente ai rapporti di locazione che erano stati "colpiti" dalle norme dichiarate incostituzionali e, più in generale, a tutti i contratti non registrati o registrati tardivamente. A queste domande ha risposto, anche se in modo certamente non chiaro né soddisfacente, il legislatore, che ha modificato parzialmente l'art.13 della L.431/1998 (Patti contrari alla legge) attraverso la legge 28.12.2015 n. 208. Con l'introduzione del nuovo comma 5 dell'art.13, infatti, ha innanzitutto stabilito che per i conduttori che, ai sensi delle disposizioni dichiarate incostituzionali, avevano versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011 al 16 luglio 2015 (data di emissione della prima sentenza della Corte Costituzionale), il canone annuo di locazione nella misura allora legalmente imposta del triplo della rendita catastale, l'importo del canone di locazione dovuto o dell'indennità di occupazione maturata, resta fermo a tale importo (triplo della rendita catastale dell'immobile), facendo così salvi, nell'interesse del conduttore, gli effetti delle norme abrogate. Pertanto, in base a tale nuova norma, il locatore non potrà pretendere, per tale periodo, il canone pieno inizialmente pattuito. Questa risposta appare sicuramente censurabile sotto il profilo costituzionale, perché ancora una volta fa rivivere gli effetti di norme ripetutamente dichiarate incostituzionali. Ma la riforma è intervenuta pesantemente anche sulla questione generale dei contratti non registrati o registrati tardivamente.
Innanzitutto, modificando il comma 1 dell'art.13, ha stabilito il principio secondo cui l'obbligo di provvedere alla registrazione del contratto (nel termine perentorio di trenta giorni successivo alla relativa stipula) grava sul solo locatore e non più su entrambi i contraenti, come era precedentemente. Questa novità comporta anche che, in caso di mancato versamento dell'imposta di registro, che pure compete a entrambe le parti, l'Agenzia delle Entrate potrà chiederne la corresponsione, con tanto di interessi e sanzioni, al solo locatore, dato che l'obbligo della registrazione ora grava solo su di lui. La riforma ha inoltre stabilito che il locatore è tenuto a dare, nei successivi sessanta giorni, 'documentata comunicazione" dell'avvenuta registrazione (si presume debbano essere comunicati gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione attribuito al contratto), sia al conduttore che all'amministratore del Condominio (sempre che oggetto della locazione sia un immobile inserito in un contesto condominiale), al fine di consentire a quest'ultimo "l'ottemperanza agli .obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'art.1130 numero 6 del codice civile", inserito dalla legge di riforma del condominio n. 220/2012. Il legislatore ha dunque addossato al solo locatore la responsabilità della mancata o tardiva registrazione del contratto e ne ha anche previsto le conseguenze: modificando il comma 6, ha stabilito che, se il locatore non provvede alla registrazione del contratto nel termine perentorio di 30 giorni dalla stipula, il conduttore può chiedere all'autorità giudiziaria, entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile, "che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 (per i contratti a canone libero) ovvero dal comma 3 dell'articolo 2 (per quelli a canone concordato). In tali casi il Giudice, nell'accertare l'esistenza del contratto di locazione, "determina anche il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'art.2 ovvero quello definito a sensi dell'art.5 commi 2 e 3" (contratti per studenti) e "stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti". Quindi, in pratica, la mancata (o tardiva) registrazione potrebbe comportare la riduzione, da parte del Giudice, del canone di locazione al valore minimo del relativo canone agevolato.
Fino ad ora solo il Tribunale di Torino, a quanto consta allo scrivente, con sentenza del 21/04/2016 della sez. Vili civile, si è pronunciato in relazione alla nuova norma, affermando che la nullità del contratto derivante dalla mancata o tardiva registrazione deve ora ritenersi nullità assoluta, comportante l'inesistenza del contratto e non sanabile con la tardiva registrazione dello stesso. Per inciso, la sentenza di Torino ha anche ritenuto che la norma in questione non presenti alcun profilo di incostituzionalità. Secondo questa rigida interpretazione, il contratto, da ritenersi irrimediabilmente nullo anche se registrato tardivamente, potrebbe tornare in vita solo su iniziativa del conduttore e, in tal caso, il relativo canone non potrebbe eccedere il valore minimo definito ai sensi dell'art.2 o quello definito a sensi dell'art.5 commi 2 e 3, intendendo per canone minimo di cui all'art.2 della legge 432/98 il canone agevolato, benché la norma citi solo l'art.2 senza richiamare il comma 3 relativo ai contratti concordati. Risulta evidente la gravità di tale interpretazione, tra l'altro in contrasto con la precedente giurisprudenza prevalente secondo cui la nullità del contratto poteva essere sanata con la tardiva registrazione, perché non fa distinzione tra chi registra magari il trentunesimo giorno, e non ha alcun intento elusivo, e chi non registra affatto. Si è detto che la nuova norma, poiché non subordina la sua applicazione all'effettivo intento di elusione fiscale, come invece avveniva con la precedente formulazione (l'azione era infatti proponibile solo nei casi in cui il locatore avesse "preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto"), verrebbe a colpire tutti indistintamente, quindi anche quei contribuenti che non intendevano affatto eludere il fisco, avendo regolarmente dichiarato tutti i redditi percepiti.
Ma non è finita! Il nuovo comma 7 dell'art. 13 prevede che: "le disposizioni di cui al comma 6 devono intendersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge", per cui, sempre secondo l'interpretazione data dal Tribunale di Torino, la norma in questione attribuirebbe efficacia retroattiva (perché non vietata in relazione alle norme di diritto civile) alla disposizione ora inserita nel sesto comma, rendendola applicabile"a tutti i contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 431/1998" cioè a far tempo dal 30.12.1998! Tale interpretazione produrrebbe situazioni paradossali, come nel caso del proprietario che, per evitare gli effetti nefasti dei commi 8 e 9 dell'art. 3 del a Lgs. 23/2011 (poi abrogati), avesse provveduto alla registrazione del contratto in forza del comma 10 del medesimo decreto secondo cui: "La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove l
a registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto". Rischierebbe, infatti, laddove il contratto fosse ancora in corso, di subire le conseguenze del sesto comma dell'art. 13 della L. 431/1998, pur avendo registrato il contratto così come previsto dalla legge allora vigente. Oltretutto la nuova norma risulta in palese contraddizione con il nostro sistema tributario, che consente tuttora al locatore di registrare tardivamente il contratto a fronte del pagamento delle relative sanzioni. Ricapitolando: l'onere della registrazione del contratto, in passato a carico di ambo le parti contrattuali, è ora posto ad esclusivo carico del locatore, le sanzioni di cui al sesto comma potrebbero essere applicabili a tutti i contratti registrati oltre il termine di trenta giorni in base al combinato disposto dei novellati commi 1 e 6 dell'art. 13. Dispiace constatare come ancora una volta, al fine di contrastare l'elusione fiscale, si colpiscano pesantemente anche i locatori onesti. A questo punto non ci resta che invitare il legislatore a rivedere l'art. 13, così malamente modificato, applicando i principi dell'equità e del buon senso, o confidare ancora una volta nell'intervento della Corte costituzionale.
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