Alcune brevi
considerazioni pratiche sul trattamento fiscale degli immobili
patrimonio delle imprese
Per analizzare,
anche se brevemente, da un punto di vista fiscale la situazione degli
immobili che sono posseduti dalle imprese è opportuno procedere, in
primo luogo ad una distinzione di fondo, da cui poi, seguendo una
metodologia espositiva progressiva, verranno dedotte alcune ulteriori
distinzioni. Così come recita, ad esempio, la Circolare n. 22/E
dell’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa – del
28 giugno 2013, la distinzione fondamentale (e non solo nell’ambito
delle unità immobiliari proprietà dei soggetti esercitanti attività
di impresa) è tra fabbricati abitativi e fabbricati strumentali:
tale distinzione si basa, di regola, su un criterio oggettivo legato
alla classificazione catastale degli stessi, a prescindere, quindi,
dal loro effettivo utilizzo. In particolare, sono considerati
fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nel gruppo
catastale "A" (esclusa la categoria "A/10"). Sono
fabbricati strumentali (vale a dire, quelli che "per le loro
caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza
radicali trasformazioni") le unità immobiliari classificate o
classificabili nei gruppi catastali "B", "C",
"D", "E" e nella categoria "A10"
qualora la destinazione ad ufficio o studio privato risulti dal
provvedimento amministrativo autorizzatorio. Fatta questa
fondamentale distinzione che fonda sull’utilizzo pratico che da
parte impresa può essere fatto dell’immobile di sua proprietà,
possono essere operate tre ulteriori distinzioni che danno origine a
tre categorie ben distinte di immobili:
- Gli immobili che essendo strumentali per natura (ovvero, come visto più sopra, appartengono alle categorie catastali "B", "C", "D", "E" ed "A/10") o per destinazione vengono utilizzati in via esclusiva e diretta dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa commerciale, indipendentemente dalla natura o dalle risultanze catastali
- Gli immobili merce ovvero quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa che li possiede (e/o li ha realizzati) e che da un punto di vista catastale possono appartenere indifferentemente alle categorie "A", "B", "C", "D", "E" o "A10"
- Gli immobili patrimonio, ovvero quegli immobili che non sono né strumentali né merce, ma che costituiscono un investimento per l’impresa e che, a loro volta, a un punto di vista catastale possono appartenere indifferentemente alle categorie "A", "B", "C", "D", "E" o "A10"
Un’ulteriore
distinzione è quella che viene operata dall’articolo 90 del TUIR
che, nel prevedere che gli immobili patrimonio, proprio perché
estranei a quello che è il normale svolgimento dell’attività di
impresa, non concorrono alla formazione del suo reddito sulla base
dei costi e dei ricavi effettivi, li classifica, per la
quantificazione dei proventi che da essi derivano, in relazione al
luogo geografico in cui sono situati, ovvero opera una distinzione
tra gli immobili che sono situati nel territorio dello Stato, e che
pertanto seguono la disciplina dei redditi fondiari di cui
all’articolo 37 del TUIR, e gli immobili che sono situati
all’estero e quindi seguono le disposizioni di cui all’articolo
70 del TUIR. Per motivi di spazio restringeremo la nostra analisi
alla trattazione di quei fabbricati che, non solo sono immobili
patrimonio ma che sono anche situati all’interno del territorio
dello Stato rinviando ad ulteriori contributi la trattazione dei
profili fiscali relativi agli immobili merce ed a quelli strumentali
(siano essi per natura o per destinazione). Al fine di esporre
correttamente il trattamento fiscale degli immobili patrimonio delle
imprese è però, a questo punto, necessario operare un’ulteriore
distinzione, ovvero determinare correttamente quale sia il reddito da
assoggettare a tassazione derivante dalla locazione degli immobili e
quale sia il reddito da assoggettare a tassazione derivante da
immobili non locati. Per i fabbricati patrimonio che non sono locati,
il reddito è un reddito sostanzialmente "virtuale" e viene
determinato sulla base della rendita catastale rivalutata del 5%. I
proventi che invece derivano da immobili patrimonio concessi in
locazione concorrono a formare il reddito d’impresa in misura pari
al maggiore tra i seguenti importi:
- La rendita catastale rivalutata del 5%
- L’ammontare del canone di locazione che è stato pattuito tra le parti nel contratto, ridotto, fino ad un massimo del 15% del canone medesimo, dell’importo relativo alle spese documentate di manutenzione ordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 380/2001 (interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti)
È opportuno
segnalare che la deduzione dal canone di locazione è riconosciuta
esclusivamente per le spese di manutenzione ordinaria, mentre non è
consentito portare in riduzione del canone di locazione gli
interventi di manutenzione straordinaria (articolo 3, comma 1,
lettera b) del D.P.R. n. 380/2001), di restauro e risanamento
conservativo o di ristrutturazione edilizia (rispettivamente articolo
3, comma 1, lettere c) e d) del D.P.R. n. 380/2001). Inoltre tali
spese possono essere portate in riduzione del canone di locazione
fino alla concorrenza massima del 15% del canone medesimo solo nel
caso in cui possano essere opportunamente "documentate"
attraverso l’esibizione di contratti, attestazioni di pagamento,
fatture o ricevute fiscali. La principale conseguenza della
determinazione del reddito degli immobili patrimonio secondo quelle
che sono le regole dei redditi fondiari, di cui all’articolo 37 del
TUIR, nel caso in cui non siano locati, consiste nell’impossibilità
di dedurre dal reddito d’impresa i costi sostenuti relativamente
agli stessi immobili, nella considerazione che tali costi sono già
stati calcolati ai fini della determinazione delle tariffe d’estimo
assunte per la quantificazione della rendita catastale. Tale
disposizione ha un carattere speciale e derogatorio rispetto al
principio generale di inerenza dei componenti negativi di reddito.
Tale indeducibilità non trova applicazione in riferimento agli
interessi passivi maturati su finanziamenti contratti per l’acquisto
(o per la costruzione) di immobili patrimonio. Alle componenti
negative di reddito che così si vengono a determinare non si applica
dunque l’indeducibilità assoluta di cui all’articolo 90 del
TUIR, ma trova applicazione il regime "ordinario" di
trattamento degli interessi passivi di cui all’articolo 96 del
TUIR, ovvero viene loro riconosciuta la possibilità di essere
portati in deduzione dal reddito di impresa.
Per quanto riguarda
gli immobili per i quali viene riconosciuto un interesse storico o
artistico, ai sensi di quanto viene disposto dall’articolo 90,
comma 1, del TUIR, il legislatore stabilisce che i proventi di questi
immobili patrimonio, nel caso in cui non siano stati precedentemente
locati, concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base
della rendita catastale rivalutata del 5% e poi ridotta del 50%. Nel
caso in cui, invece, siano oggetto di un contratto di locazione nei
confronti di soggetti terzi, gli stessi immobili concorrono a formare
il reddito dell’impresa in misura pari al 65% del canone
contrattuale, a patto che questo sia superiore al reddito minimo
ordinario (pari alla rendita catastale rivalutata del 5% e poi
ridotta nella misura del 50%). A livello di dichiarazione dei redditi
sono previsti nell’ambito del quadro "RF" alcuni
specifici righi che consentono l’operatività di tale modalità di
tassazione: in particolare è possibile reperire, tra le "variazioni
in aumento", il rigo denominato come "RF10" dove si
richiede di indicare il reddito determinato sulla base del valore
catastale e il rigo denominato "RF11" dove devono essere
indicati i costi che sono relativi agli immobili patrimonio e che
devono essere "neutralizzati" in considerazione del fatto
che non sono deducibili mentre, tra le variazioni in diminuzione del
reddito di impresa, nell’ambito del rigo RF39, devono essere
indicati quelli che risultano essere i proventi degli immobili
patrimonio da sottoporre a neutralizzazione. Nel momento in cui
l’impresa provvede a concedere in locazione un immobile non
strumentale (catastalmente parlando) ma bensì abitativo, ovvero
appartenente alle categorie catastali da A/1 ad A/11 (esclusa la A/10
che, come sopra già accennato, non è relativa ad immobili abitativi
ma ad unità immobiliari ad uso ufficio) è tenuta a determinare il
reddito relativo, che è da dichiarare prescindendo da quelli che
sono i componenti positivi (ovvero i canoni di locazione) e negativi
(si tratta dei costi correlati alla gestione dell’immobile), da
imputare a conto economico: nel modello Unico è necessario che, di
conseguenza, venga ad essere operata una variazione in diminuzione
per i primi ed una in aumento per i secondi. Può essere opportuno
presentare il seguente esempio a titolo esemplificativo:
La società PINCO
PALLINO S.r.l. ha dato in locazione una unità immobiliare ad uso
abitativo, di categoria catastale A/2 e titolare di una rendita
catastale (rivalutata del 5%) pari ad una somma di euro 2.000. il
contratto di locazione prevede un canone annuo pari ad euro 15.000.
In relazione all’immobile che è stato locato la società PINCO
PALLINO S.r.l.. ha dovuto sostenere dei costi che sono risultati
essere pari a complessivi euro 5.000, di cui:
- Euro 1.000 per spese condominiali
- Euro 1.500 per spese di manutenzione straordinaria (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) del D.P.R. n. 633/1972)
- Euro 2.500 per spese di manutenzione ordinaria (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) del D.P.R. nb. 633/1972)
Al fine di
determinare il reddito che deve essere assoggettato alla tassazione e
per chiarire le modalità con cui si deve procedere alla compilazione
del modello UNICO SC ecco presentati i vari passaggi ce devono essere
effettuati:
- Viene considerato il canone di locazione annuo che è pari ad euro 15.000
- Il canone può essere diminuito della somma relativa alle spese di cui agli interventi di manutenzione ordinaria (si veda in proposito l’articolo 3, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 680/2001). Tali spese sono pari ad euro 2.500 e vanno conteggiate nel limite del 15% del proprio ammontare, ossia pari ad euro 2.250: non sono invece da considerare le spese condominiali e quelle di manutenzione straordinaria
- Il canone netto, che risulta essere pari ad euro 12.750, è superiore rispetto alla rendita catastale rivalutata del 5%
- Il reddito da dichiarare è quindi pari ad euro 12.750 e deve essere riportato nel rigo RF10
- Nel rigo RF11 deve essere operata una variazione in aumento per i costi imputati a conto economico
- Nel rigo RF39 deve essere operata una variazione in diminuzione in riferimento ai canoni di locazione rilevati a conto economico
Redazione AGEFIS
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