lunedì 21 dicembre 2015

Base imponibile dell’imposta di successione



Base imponibile dell’imposta di successione
L’imposta di successione ha avuto alterne vicende, venendo prima soppressa e poi reintrodotta. In un primo luogo, l’imposta è disciplinata dal 1991 dal testo unico di cui al decreto legislativo 346 del 1990. Poi è stata soppressa dalla legge 383 del 2001 in vigore dal 25 ottobre 2001 e reintrodotta dal decreto legge 262 2006, in vigore dal 3 ottobre 2006, con la disciplina originaria del decreto legislativo 346 del 1990 salvo per alcune fattispecie, in particolare le aliquote e le franchigie.
La tassazione dipende dal rapporto di parentela esistente tra il de cuius e l’erede. Nel caso del coniuge e dei parenti in linea retta, che vuol dire sia discendenti che ascendenti, si applica l’aliquota del 4% sul valore attribuito che eccede la soglia di 1 milione di euro per ciascun beneficiario. Per i fratelli e le sorelle invece la franchigia scende a € 100.000 e sale l’aliquota al 6%. Gli altri parenti del defunto fino al quarto grado, come ad esempio un cugino, gli affini in linea retta, il genero piuttosto che il suocero, gli affini in linea collaterale fino al terzo grado, come può essere un cognato, sono soggetti all’applicazione dell’aliquota del 6% senza alcuna franchigia. Per i soggetti diversi da quelli sin qui elencati, l’aliquota sale ulteriormente all’8%: rientrano purtroppo in questa categoria anche i soggetti conviventi che però non siano coniugati. Infine, nel caso in cui l’erede sia affetto da una grave disabilità, a prescindere dal rapporto di parentela o affinità, la norma riconosce comunque una franchigia di € 1.500.000. L’imposta di successione viene liquidata dall’ufficio competente alla luce dell’ultima residenza del defunto sulla base della dichiarazione di successione presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che di regola corrisponde alla data di morte del contribuente.
Per quanto riguarda la sua quantificazione, il valore in linea generale è quello corrente dei beni che compongono l’asse ereditario, ma vi sono delle regole speciali per alcune tipologie di esse, in particolare per immobili e partecipazioni societarie. Quindi, a parte il denaro liquido per il quale non vi sono ovviamente problemi, ad esempio i titoli quotati vanno quantificati sulla base del valore della quotazione al giorno del decesso.
Per quanto riguarda gli immobili (in tale ambito non sono compresi i terreni edificabili), infatti, non si considera il valore di mercato: il valore che concorre alla quantificazione dell’imponibile viene determinato catastalmente moltiplicando la rendita rivalutata per i coefficienti di aggiornamento che si rendono applicabili alle diverse fattispecie. Quindi, partendo dalla rendita catastale dell’immobile, si applica la rivalutazione utilizzando l’aliquota del 5% per i fabbricati e del 25% per i redditi dominicali dei terreni.
Il prodotto così ottenuto deve essere moltiplicato per i coefficienti differenziati a seconda delle tipologie di beni: 112,50 per i terreni; 42,84 per i fabbricati di categoria C1 cioè i negozi e quelli del gruppo E; 63 per i fabbricati di categoria A 10 uffici e del gruppo D opifici; 176,40 per quelli di categoria B; 126 per tutti gli altri fabbricati A e C e quindi in particolare per le abitazioni. Si applicano anche le imposte ipotecaria e catastale, rispettivamente con aliquota del 2% e dell’1%, ovvero quella fissa se l’erede ha i requisiti "prima casa".
Per quanto riguarda invece le partecipazioni societarie (art. 16 del D.Lgs. 346/1990), il loro concorso alla base imponibile viene determinato sulla base del patrimonio netto della società partecipata, naturalmente considerato pro quota in relazione alla percentuale detenuta nel capitale sociale, così come risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato o da un bilancio di verifica più recente laddove la necessità di effettuare la valutazione avvenga a distanza dalla chiusura dell’esercizio e sia quindi opportuno basarla su dati maggiormente aggiornati. Più precisamente, è necessario distinguere in funzione dei seguenti aspetti:
  • (società di persone ed imprese individuali in contabilità ordinaria), si deve aver riguardo ai valori contabili, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti tra la data di chiusura dell’esercizio e quello di apertura della successione (sul punto si veda anche Cass. 4.2.2015, n. 1972);
in assenza di un bilancio o di un inventario (soggetti in contabilità semplificata) si deve aver riguardo al valore dei beni e dei diritti che compongono la società o l’ente, al netto delle passività di cui agli artt. da 21 a 23.
 Sandro Cerato

Nessun commento:

Posta un commento