lunedì 28 gennaio 2019

Risoluzione contratto di locazione: forma consensuale

 Risoluzione contratto di locazione: come funziona la forma consensuale



Quali sono i passi da seguire per porre in essere una risoluzione consensuale di un contratto di locazione. A spiegarcelo sono i nostri collaboratori di condominioweb
Articolo scritto dall'avv. Alessandro Gallucci di condominioweb
Partiamo dalla definizione di locazione: essa è definita dal codice civile come il contratto con il quale una parte - il locatore - mette a disposizione dell'altra - il conduttore - un bene mobile o immobile dietro un corrispettivo in denaro.
Con la firma del contratto di locazione - per i contratti a scopi abitativi essa è obbligatoria per legge - il conduttore diviene titolare di un diritto personale di godimento su cosa altrui.
Del contratto di locazione nonché dei dati del conduttore si deve dare comunicazione all'amministratore di condominio ai fini della regolare tenuta del registro di anagrafe condominiale (cfr. art. 1130 n. 6 c.c. e art. 13, primo comma, l. n. 431/98).
I contratti di locazione ad uso abitativo (legge n. 431 del 1998 e decreto ministeriale 30 dicembre 2002) hanno durata prestabilita dalla legge, ossia:
  • contratti quadriennali con rinnovo di pari durata, salvo specifica causa di recesso da parte del locatore;
  • contratti triennali con rinnovo biennale, salvo specifica causa di recesso da parte del locatore, e canone concordato sulla base di parametri fissati dalla legge e dagli accordi tra associazioni di categoria;
  • contratti transitori e per universitari, con durata variabile tra un mese e diciotto mesi, salvo specifica causa di recesso da parte del locatore, e canone concordato sulla base di parametri fissati dalla legge e dagli accordi tra associazioni di categoria.
È, poi, possibile addivenire alla stipula di contratti di locazione per un periodo di tempo inferiore a trenta giorni.
Tutti i contratti ad eccezione di quest'ultimo devono essere registrati ai fini del pagamento delle imposte con deposito presso la locale sede dell'agenzia delle entrate.
Al conduttore è sempre riconosciuto il diritto di recedere unilateralmente dal contratto qualora ricorrano gravi motivi, con preavviso da comunicarsi sei mesi prima al locatore.
I contratti di locazione per uso differente da quello abitativo, ai sensi degli artt. 27 e seguenti della legge n. 392/78, devono avere una durata minima di sei anni (nove per le locazioni alberghiere) con deroghe per le attività a carattere temporaneo o stagionale.

Risoluzione del contratto, come funziona

Differente dal recesso è la risoluzione contrattuale. Essa viene definita in ambito privatistico come lo "scioglimento con effetto immediato di un contratto valido ed efficace" (Fonte: Dizionario enciclopedico Treccani).
Risolvere un contratto, quindi, vuol dire liberarsi da quel vincolo facendo venire meno gli effetti dell'accordo e quindi i diritti ed gli obblighi da esso discendenti: risolvere un contratto di locazione per il conduttore vuol dire smettere di godere del bene mobile o immobile concessogli e di conseguenza cessare il pagamento dei canoni, mentre per il proprietario sta a significare riacquistare la materiale disponibilità del bene ma perdere la fonte di reddito data dal canone di locazione.
Nel nostro ordinamento si sente spesso parlare di risoluzione per inadempimento, per impossibilità sopravvenuta, per eccessiva onerosità e di risoluzione giudiziale e consensuale. Le prime due sono strettamente connesse, o meglio la prima è collegata alla seconda, poiché in caso di contestazioni è un giudice a dover accertare se l'inadempimento dedotto sia tale da fare ricorrere al risoluzione giudiziale.

Differente il caso della risoluzione consensuale. Essa altro non è che un accordo che serve per porre nel nulla un altro accordo già esistente ed in vigore tra le parti.
Tizio e Caio sono parti in un contratto di locazione della durata di quattro anni. Al termine dei quattro anni per differenti esigenze le parti si trovano d'accordo sulla decisione di chiudere anzi tempo il rapporto contrattuale. Così facendo firmano un accordo che serve per risolvere, cioè sciogliere, il vincolo locatizio.

Sebbene non vi siano disposizioni di legge che impongano chiaramente che la risoluzione debba avvenire in forma scritta, ciò lo si può desumere dalla forma necessaria per la locazione - quanto meno per quella ad uso abitativo - o comunque dal contenuto dello stesso contratto che, di norma, prevede la forma scritta per qualunque modifica ad esso inerente.
Così come è obbligatorio registrare il contratto di locazione, allo stesso modo è indispensabile - per le parti che non vogliano continuare a pagare le tasse sui redditi derivanti da quell'accordo - provvedere a registrare la risoluzione del contratto stesso.
Come si legge sul sito istituzionale dell'agenzia delle entrate in tal caso è dovuta l'imposta di registro per la risoluzione anticipata del contratto che è pari alla misura fissa di 67 euro e che deve essere versata, entro 30 giorni dall'evento anche tramite modello F24; in tal caso, specifica l'agenzia delle entrate bisogna comunicare la risoluzione del contratto di locazione all'ufficio dove è stato registrato il contratto che ne ha dato origine, nello stesso termine di 30 giorni utilizzando un apposito modello.

Nel caso di contratto di locazione rispetto al quale s'è optato per il regime della cedolare secca, l'imposta di registro per la risoluzione del contratto non è dovuta e ci sono più locatori non è dovuta solamente se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca.
Anche in questo caso, ricordano dall'agenzia delle entrate, è comunque necessario depositare apposito modello di comunicazione della risoluzione del contratto.
Con l'accordo di risoluzione è sempre bene regolare le eventuali situazioni ancora pendenti, ad esempio restituzione della caparra, pagamento degli oneri accessori o comunque tempistica della richiesta e spese per la registrazione della risoluzione in modo tale da evitare problemi futuri che il semplice accordarsi potrebbe tranquillamente fare evitare.
Nulla vieta che le parti possano porre nel nulla la risoluzione con altro atto annullativo della stessa, oppure che dopo la risoluzione addivengano ad una stipula di un nuovo contratto a condizioni uguali o differenti e per periodi uguali o differenti. La libertà contrattuale, in tal senso, è molto ampia.

Da "Idealista" 
Agenzia Farini
059 454227

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