Il Comune può entrare nel merito del decoro della facciata?
/di Giuseppe De LucaLa violazione del decoro architettonico di un fabbricato esula dalle competenze dell’amministrazione nella concessione di un titolo edilizio. I chiarimenti del CdS
Il Comune che debba valutare il rilascio di un titolo edilizio, non può entrare in merito a decisioni e valutazioni che spettano al condominio ed ai singoli condomini, come il rispetto del decoro architettonico del fabbricato.
Lo chiarisce la sentenza n. 6345/2021 del Consiglio di Stato.
Il caso
Un privato presentava al Comune alcune SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) sia per effettuare nuovi lavori sia per sanare abusi preesistenti all’acquisto dell’immobile sito in un fabbricato condominiale.
Le opere da sanare e da realizzare interessavano i prospetti del fabbricato, per cui relativamente alla manomissione del decoro e dell’aspetto originario dello stesso stabile arrivava un parere favorevole alle opere a maggioranza da parte del condominio.
Il Comune però negava le SCIA evidenziando che i lavori da sanare e da effettuare avrebbero compromesso il decoro del fabbricato e che tale eventualità non era stata approvata con una decisione unanime dell’intero condominio.
Il privato, di conseguenza, faceva ricorso al Tar (che lo respingeva) al quale seguiva il ricorso in appello presso il Consiglio di Stato.
Il ricorrente sosteneva che sarebbe bastata l’approvazione della maggioranza dei condomini all’accoglimento delle SCIA presentate.
La sentenza del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada non condividono né la posizione del Comune né quella del Tar in merito alla decisione non unanime del condominio sulla manomissione del decoro del fabbricato.
I togati rilevano che il nodo della questione risulta essere la verifica del corretto esercizio del potere da parte del Comune in occasione del controllo sulle SCIA presentate dall’appellante e la rilevanza assegnata all’assenza del consenso unanime di tutti i condomini, attraverso la valorizzazione della norma di cui all’art. 1120 c.c. che considererebbe le opere lesive del decoro architettonico del fabbricato.
I giudici chiariscono al riguardo che:
la giurisprudenza ha più volte affermato che in sede di rilascio del titolo abilitativo, il comune non può esimersi dal verificare il rispetto, da parte dell’istante, dei limiti privatistici sull’intervento proposto, ciò tuttavia vale solo nel caso in cui tali limiti siano realmente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte del Comune si traduca in una mera presa d’atto, senza necessità di procedere a un’accurata e approfondita disamina dei rapporti tra privati
In parole povere, il Comune deve limitarsi a prendere atto di una questione già pienamente evidenziata tra i privati, senza entrare direttamente nel merito.
I giudici, quindi, premettono che l’art. 1120 del Codice civile chiarisce che l’innovazione della cosa comune attraverso delle opere, come le facciate del fabbricato, è permesso al singolo purché il suo intervento non limiti il diritto dei singoli condomini all’utilizzo dello stesso bene comune.
Ora, in riferimento all’ultimo comma della norma citata, che vieta le innovazioni che alterano il decoro architettonico del fabbricato, la giurisprudenza ha chiarito che l’azione del condomino a tutela del decoro architettonico deve ritenersi una facoltà insita nel suo diritto di proprietà.
Il CdS specifica che la valutazione del decoro architettonico dell’edificio alla stregua dell’art. 1120 cc risulta di pertinenza di ciascun comproprietario e non può essere sostituta da quella dell’amministrazione condominiale, in quanto rientrante nelle facoltà del solo proprietario.
Deve dunque ritenersi non consentito al Comune, in sede di rilascio del titolo, valutare aspetti prettamente condominiali, che non appaiono per nulla pacifici o, comunque, che non sono di immediata evidenza o, come nel caso in esame, sono divenuti oggetto di un contenzioso tra le parti non ancora definito.
I giudici di Palazzo Spada, in chiusura, sono del parere che in caso di una eventuale autorizzazione edilizia che, a norma di legge, è rilasciata fatti salvi i diritti dei terzi, ciascun condomino che ritenga leso il decoro architettonico dell’immobile, potrà rivolgersi al giudice ordinario che, nel contraddittorio delle parti, valuterà la questione in via principale, a ciò non ostando il rilascio del titolo edilizio.
Ne consegue che, nel caso di specie, l’acquisizione di un nulla osta “a maggioranza” doveva ritenersi sufficiente al fine di dimostrarne la legittimazione (condominiale) all’ottenimento del titolo edilizio.
In merito ed esclusivamente a tale aspetto, il ricorso risulta accolto.
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