Cambio destinazione d’uso con frazionamento e oneri di urbanizzazione
/di Giuseppe De LucaTar Piemonte: il cambio d’uso da rurale a civile abitazione con frazionamento in più unità immobiliari è soggetto agli oneri di urbanizzazione poiché incide sul carico urbanistico
Il cambio di destinazione d’uso da abitazione rurale a civile abitazione, il frazionamento in più unità immobiliari ed il relativo pagamento degli oneri di urbanizzazione sono gli argomenti messi a fuoco dalla sentenza n. 446/2021 del Tar Piemonte.
Essi costituiscono temi quanto mai attuali vista la centralità di tutte le politiche legate al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio edilizio esistente.
Il caso
Una società chiedeva al Comune un permesso di costruire per un intervento di restauro e risanamento di un fabbricato rurale dal quale ricavare spazi abitativi.
L’intervento prevedeva il cambio di destinazione d’uso da fabbricato rurale a civile abitazione con la creazione di sei unità abitative, in luogo delle quattro originarie.
Il Comune, quindi, determinava gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione per l’intervento di “cambio uso e recupero dei rustici”.
La società si opponeva non ritenendo dovuti:
- né gli oneri di urbanizzazione legati al cambio di destinazione d’uso da fabbricato rurale a civile abitazione;
- né il contributo di costruzione dovuto per l’intervento di frazionamento in più unità immobiliari. Infatti, a parere della società, l’intervento di frazionamento era qualificabile quale manutenzione straordinaria con la conseguente applicazione dell’art. 17 (Riduzione o esonero dal contributo di costruzione), comma 4, dpr n. 380/2001 secondo cui: “[…] per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), qualora comportanti aumento del carico urbanistico, il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile“.
(ndr Ricordiamo che il contributo di costruzione si compone degli oneri di urbanizzazione più il costo di costruzione.)
La società faceva, quindi, ricorso al Tar, chiedendo l’accertamento della gratuità dell’intero intervento edilizio o comunque l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione in quanto si trattava (a parere della ricorrente società) di un intervento di risanamento conservativo (anche se richiesto con permesso di costruire in forza di quanto disposto dall’art. 22, comma 7, dpr 380/2001 secondo cui è comunque fatta salva la facoltà dell’interessato di chiedere il rilascio del permesso di costruire anche in relazione a tale tipologia di intervento, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all’art. 16 del medesimo TUE) del fabbricato che non comportava alcun aumento né del volume né della superficie calpestabile.
La sentenza: il cambio di destinazione d’uso
I giudici chiariscono, prima di tutto, la questione del cambio di destinazione d’uso dell’immobile da fabbricato rurale a civile abitazione.
Il Tar spiega che, possono distinguersi due tipologie di casi:
- per le residenze rurali realizzate dopo l’entrata in vigore della legge 10/1977 (Norme per la edificabilità dei suoli) il passaggio dall’utilizzo “rurale” (da parte dell’imprenditore agricolo a servizio della conduzione dell’azienda agricola) all’utilizzo “civile” (da parte di soggetti privi della qualifica di imprenditore agricolo e per esigenze abitative svincolate dalla conduzione del fondo) configura una modificazione della destinazione d’uso giuridicamente rilevante, giacché determina la decadenza dal beneficio dell’esenzione dal contributo di concessione di cui aveva beneficiato il titolo originario;
- per le residenze rurali edificate prima dell’entrata in vigore della legge 10/1977 il passaggio dall’uno all’altro utilizzo non configura alcuna modifica della destinazione d’uso giuridicamente rilevante, dal momento che in tal caso il titolo abilitativo autorizzava entrambi gli utilizzi, e ad entrambi concedeva il beneficio della gratuità previsto, in modo generalizzato, per il rilascio di qualsivoglia titolo edilizio.
Il fabbricato oggetto della presente controversia rientra nella seconda categoria essendo stato edificato prima dell’entrata in vigore della legge 10/1977, di conseguenza non è soggetto al pagamento degli oneri di urbanizzazione.
La sentenza: il frazionamento e gli oneri di urbanizzazione
Per quel che riguarda la creazione di più unità abitative, i giudici spiegano che si tratta di un intervento ristrutturazione edilizia.
Per tali interventi la giurisprudenza ha chiarito che la divisione ed il frazionamento di un immobile in più unità immobiliari distinte determinano un incremento del carico urbanistico.
Infatti per il Tar:
ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di corresponsione degli oneri concessori, è rilevante il verificarsi di un maggior carico urbanistico quale effetto dell’intervento edilizio, sicché non è neanche necessario che la ristrutturazione interessi globalmente l’edificio – con variazioni riguardanti nella loro interezza le parti esterne ed interne del fabbricato – ma è soltanto sufficiente che ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri conseguentemente riferiti all’oggettiva rivalutazione dell’immobile e funzionali a sopportare l’aggiuntivo carico “socio – economico ” che l’attività edilizia comporta, anche quando l’incremento dell’impatto sul territorio consegua solo a marginali lavori dovuti ad una divisione o frazionamento dell’immobile in due unità o fra due o più proprietari (CdS n. 2838/2012)
In conclusione per i giudici l’intervento edilizio del caso in esame, prevedendo la realizzazione di sei distinte unità immobiliari autonomamente utilizzabili, porta ad un maggior carico urbanistico (in relazione alla aumentata potenzialità di insediamento nell’immobile) con conseguente obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione.
Il ricorso è, quindi, parzialmente accolto solo nella parte che riguarda il cambiamento di destinazione d’uso del fabbricato da rurale a civile abitazione.
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