martedì 2 ottobre 2018


La perizia di stima e il suo potere nelle sorti del credito
(Corte di Cassazione sez. I^ ordinanza 9 maggio 2018 n. 11201 )

 Teresio Bosco


Quanto può incidere sull’esito del giudizio una perizia estimativa fatta bene o fatta male, in seno ad un giudizio civile o di esecuzione, anche se non commissionata nell’ambito di quella procedura? E la valutazione, sulla scorta di quali parametri dev’essere fatta? Ed ancora, è possibile che il valore di un bene immobile costituisca, per dir così, un dato tecnico, o assiomatico, solo ricavabile per deduzione dalle caratteristiche costruttive, dalla localizzazione, dalla maggiore o minore vetustà e stato di conservazione, per menzionare alcuni dei principali parametri di stima, noti anche ai non addetti ai lavori?


Ebbene, qualche dato utile per rispondere a simili domande lo si può estrapolare da questa recente decisione della Corte di Cassazione, la quale in realtà affronta tutt’altro tema, non privo peraltro di interesse per chi fa stime e valutazioni per le banche, nel senso che, a proposito dei caratteri qualificanti del mutuo fondiario e della distinzione rispetto all’ipotecario, ribadisce il proprio, per certi versi nuovo orientamento del 2017 (id., I^ sentenza 13 luglio 207 n. 17352), ponendo una
netta linea di demarcazione tra le due fattispecie, che indica in modo chiaro nel “limite di finanziabilità” dell’acquisto, per il mutuo fondiario, nella misura dell’80% del valore di realizzo, sulla scorta dell’art. 38 del D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (T.U.B.) e della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (C.I.C.R.) 22 aprile 1995.), per farne discendere che il superamento del detto limite determina la nullità del contratto (di mutuo fondiario), con una serie di ulteriori questioni in ordine alla possibilità di procedere alla conversione del (contratto di) mutuo fondiario dichiarato nullo in un ordinario contratto di mutuo ipotecario, possibilità che peraltro la Corte non considera affatto scontata e frutto di un automatismo, secondo le regole poste a presidio del principio della conversione del contratto nullo in un contratto valido, emendato del vizio e che possa ritenersi vincolante per le parti che avevano sottoscritto quello originario, venuto meno per contrarietà a norma pubblica imperativa (art. 1418 et 14241 Cod. Civ.).

L’ordinanza in esame è a mio avviso interessante non tanto e non solo per l’argomento affrontato, sebbene sia esso meritevole di molta attenzione perché la stessa questione, vista dalla parte di chi redige la perizia, va di pari passo con quella della responsabilità professionale, quanto perché dalle pieghe della motivazione emerge il ruolo determinante svolto, giustappunto, dalla perizia estimativa nella qualificazione complessiva della vicenda, fin dalla fase del giudizio di merito.

La mia sensazione, per quanto può valere, è che si ponga più che nel passato l’accento anche su “come” viene redatta la perizia, sui suoi contenuti e su quali dati essa è in grado di fornire, al di là del risultato finale, di norma costituito da un importo, scritto in fondo e normalmente in grassetto, al quale viene spontaneo lì per lì rivolgere tutta l’attenzione.

I passaggi essenziali della decisione, per la parte che vorrei mettere in evidenza in questa sede, sono i seguenti:

a)    L’onere della prova circa l’osservanza dei requisiti qualificanti il mutuo fondiario, che come noto beneficia di un trattamento di particolare favore rispetto a quello ordinario ipotecario, sia per l’ente erogante che per il destinatario, grava sul soggetto che intende avvalersene (nella fattispecie la banca erogatrice del finanziamento, dovendo insinuarsi nel passivo del debitore in ragione di un credito derivante da un asserito mutuo fondiario);

b)   Ha ritenuto il giudice del merito, correttamente secondo il giudizio della Suprema Corte, che detto onere non fosse stato adeguatamente soddisfatto stante l’inidoneità della perizia prodotta in giudizio, siccome priva di data certa (i), perché redatta da un tecnico incaricato dalla parte e non dalla banca (ii), ultimo perché (iii) avente ad oggetto il valore venale del bene e non il valore cauzionale, cioè il valore concretamente ricavabile in via esecutiva;

c)    Se il superamento della soglia di finanziabilità non fosse sanzionata con la nullità del contratto di mutuo fondiario, ma fosse tale soglia equiparabile ad una semplice indicazione comportamentale rivolta dalla legge alle banche, si arriverebbe all’estremo di considerare “fondiario” il mutuo che la banca si limita ad allegare come tale, o quello provvisto di una perizia purchessia (id, testualmente);

d)   Il riferimento al valore cauzionale risponde all’orientamento della giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, secondo le indicazioni comunitarie (direttiva CE N. 2000/12) e si sostanzia nel “prudente apprezzamento della futura negoziazione dell’immobile”. La perizia di stima in questo caso diventa, pertanto, perno dell’assolvimento dell’onere probatorio, con le conseguenze che ne derivano, anzi che nel caso di specie non sono derivate, posto che la banca che ha erogato il finanziamento assistito da mutuo fondiario non è poi stata in grado di offrire prova convincente della sussistenza dei requisiti di legge. Il fenomeno acquista a maggior ragione peso nelle procedure di fallimento ed esecuzioni immobiliari, dove spesso capita di imbattersi in perizie che assomigliano più a degli esercizi di stile che non a valutazioni plausibili, quando addirittura non sono del tutto avulse dalla realtà nella quale si inseriscono i beni immobili che ne costituiscono l’oggetto. In qualche modo, a ragione o torto non saprei, si è sempre creduto che la stima fosse solo un indicatore, un punto di partenza che avrebbe trovato un suo naturale equilibrio nelle regole dell’asta, dunque dell’aggiudicazione al miglior offerente.


La realtà purtroppo è tutt’altra, ed una perizia sbagliata, o peggio farlocca, potenzialmente dà vita ad una doppia anomalia, da una parte moltiplicando le chiamate in asta con costi pesanti in termini di spese processuali e di durata del procedimento, dall’altra rischiando di infierire sulla parte debole della procedura, ovvero l’esecutato od il soggetto dichiarato fallito, il quale spesso versa in condizioni economiche disagiate e non è in grado di affrontare dei costi per farsi assistere da un legale piuttosto che da un tecnico, anche quando è consapevole di essere ingiustamente defraudato del valore dell’immobile. Sono certo di non dire cose nuove, tuttavia mi pare evidente che ci troviamo di fronte ad una carenza del sistema, o forse ad una necessità di maggiore controllo che si è resa necessaria per effetto dell’incremento del numero delle procedure giudiziarie, che potrebbe ad esempio attuarsi introducendo un procedimento di verifica, al pari di una due diligence nell’etimo originario indicato da quella funzione, per assicurare l’attendibilità e correttezza del metodo di stima impiegato e della valutazione finale, la quale in definitiva non dovrebbe essere soltanto considerata un interesse relegato nella sfera giuridica delle parti private, ma dovrebbe rispondere ad un interesse pubblico più generale, a presidio e salvaguardia del diritto di proprietà, garantito, come noto, come diritto fondamentale dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e ad un più generale principio di giustizia.


Tornando a noi, qualcuno potrebbe voler sapere com’è andata a finire la vicenda in questo caso. Detto in due parole, e senza togliere il gusto a chi è più interessato di andarsi a leggere l’ordinanza della Cassazione, è successo che a fronte della decisione presa dal Tribunale, nel senso di rigettare la domanda presentata dalla banca, ai fini dell’ammissione al passivo del fallimento del proprio credito “in via privilegiata ipotecaria”, sul rilievo del superamento, in sede di erogazione del mutuo, dei limiti di finanziabilità stabiliti dalla legge, nonché di rigetto della domanda subordinata di conversione del contratto, e pertanto di ammissione al passivo del credito da considerare come mutuo ipotecario ordinario (rigetto dettato però da ragioni processuali e non di merito), la Corte di Cassazione, cui la banca ha presentato ricorso, ha deciso con l’ordinanza in commento confermando il Tribunale nella parte concernente la non riconosciuta qualità di mutuo fondiario, pertanto rendendo definitivo il provvedimento di rigetto della domanda di insinuazione privilegiata, e riformando invece la decisione sia nella parte concernente la conversione del contratto, pur con tutta una serie di paletti e di distinguo, sia infine ed in ulteriore subordine, nella parte concernente l’ammissione, anch’essa denegata in prime cure, del credito al chirografo. Su queste basi la questione è stata rimessa al giudice del merito, che la dovrà pertanto esaminare e decidere nei due profili residuali, mentre il punto principale, e per quanto ci riguarda essenziale della vicenda, rimarrà invariato.




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Fonte: “Teresio Bosco”


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