Locazioni non registrate o parzialmente "in nero": stop definitivo alle
maxi-sanzioni (C. Cost. n. 50/2014 e 169/2015)
A cura di:
Anna Petricca
Cancellate dalla Consulta anche le norme del D.L. "Casa" che
sanavano, fino al 31/12/2015, gli effetti delle norme sulle le supersanzioni
contro i proprietari che affittano abitazioni in nero. La
possibilità per l’inquilino di denunciare il proprietario, ottenendo un
canone scontato, non esiste più. Ed è come se non fosse mai esistita.
La Corte Costituzionale torna a bocciare (Sentenza n. 169 del
16/07/2015) le norme che prevedevano pesanti conseguenze per i
contrati di locazione non registrati o registrati con importo inferiore,
dopo che il Parlamento (a seguito della prima bocciatura costituzionale
avvenuta con la sentenza 50/2014) aveva previsto, con l'art. 5, comma
1-ter, del D.L. 47/2014 (cosiddetto D.L. "Casa", convertito in legge dalla L. 80/2014) la sanatoria fino al 31/12/2015
degli effetti prodotti dalle norme censurate (cfr. in proposito l'articolo "Le novità del D.L. 47/2014 dopo la
conversione in legge").
LA VICENDA
Con la Sentenza n. 50 depositata il 14/03/2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 3, commi 8 e 9, del D. Leg.vo 14/03/2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo
Fiscale Municipale) specificamente quei commi che regolavano la questione degli affitti in nero dando la
possibilità agli inquilini che denunciavano l’irregolarità di ottenere sostanziali vantaggi.
Per gli inquilini che erano in affitto senza contratto era infatti prevista la possibilità di registrare unilateralmente il
contratto di locazione denunciando così il proprietario ed ottenendo in cambio il diritto ad un canone con sostanziale
sconto. Il contratto derivante da quella operazione era «quattro più quattro», quindi poteva durare potenzialmente
fino a otto anni, e il canone subiva un decurtamento che poteva arrivare fino all'80%: una vera manna dal cielo per
gli affittuari contro i proprietari di casa che affittavano in nero il proprio immobile.
Questa piccola rivoluzione in materia di affitti è stata cancellata dalla sentenza di cui si discute che, tra l’altro,
prevede anche la retroattività. Finiranno, quindi, nel nulla anche i contratti che sono stati registrati dagli inquilini e
dai funzionari del Fisco a partire dal 06/06/2011. Le super-sanzioni, infatti, sono scattate 60 giorni dopo l'entrata in
vigore del decreto, che era il 07/04/2011. In pratica, i proprietari potranno chiedere agli inquilini di liberare
l'abitazione, perché il contratto cadrà insieme alla norma di legge che lo prevedeva. Ma bisognerà anche regolare il
periodo in cui il conduttore ha occupato l’alloggio: se è vero che il canone di legge non esiste più, il proprietario ha
diritto a un’indennità per l’arricchimento senza causa, e alla fine potrebbe essere il giudice a risolvere la questione.
Il rischio-caos è concreto.
Una bocciatura questa della Corte Costituzionale che censura l’eccesso di delega da parte del Governo nel
confezionare una norma su richiesta del Parlamento che doveva occuparsi di federalismo fiscale.
Secondo la Consulta le sanzioni previste dal D. Leg.vo n. 23 del 2011 erano spropositate rispetto a quella che era
la violazione fiscale nella quale si andava ad incorrere non registrando un contratto di affitto: una violazione
perpetrata ai danni dei proprietari di immobili che si vedevano applicare una sanzione ritenuta eccessiva.
LE NUOVE NORME INTRODOTTE E LA NUOVA BOCCIATURA
Con il menzionato art. 5, comma 1-ter, del D.L. 47/2014 il Legislatore ha ritenuto necessario tutelare i soggetti che,
in forza di quanto previsto dall’art. 3, commi 8 e 9, del D. Leg.vo n. 23/2011, abbiano denunciato contratti di
locazione “in nero” (parzialmente o totalmente) o, comunque, non registrati.
A tal fine, il comma 1-ter dell’articolo 5 del D.L. “Casa” ha disposto che “Sono fatti salvi, fino alla data del 31
dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi
dell’art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23”.
Anche questa disposizione, tuttavia, è stata ritenuta incostituzionale con la Sentenza n. 169 del 16/07/2015,
mantenendo pertanto salvi in toto gli effetti della prima declaratoria di incostituzionalità di cui sopra.
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